Il Pdl viaggia a corrente alternata. O forse sarebbe meglio dire a correnti visto che, negli ultimi mesi, dopo la plateale frattura tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi, si sono moltiplicate le iniziative di parlamentari e gruppi di parlamentari.

Ormai non è più solo questione di finiani (che tra l’altro si dividono a loro volta tra i falchi di “Generazione Italia” e le colombe della neonata “Area Nazionale”). In molti hanno imboccato la strada delle costruzione di un propria componente. Tanto che lo stesso premier è dovuto scendere in campo. Prima con una telefonata al convegno della fondazione “Liberamente”, creatura di Sandro Bondi, Mariastella Gelmini e Franco Frattini.

Il messaggio è stato fin troppo chiaro: «Non facciamoci del male da soli». Parole che in molti hanno interpretato come riferite al presidente della Camera, mentre altri, più maliziosamente, le hanno lette come un tentativo di frenare il proliferare di fondazioni all’interno del Pdl. Soprattutto perché, se la maggioranza berlusconiana dà vita a una propria componente, significa che la minoranza finiana ha vinto la propria battaglia.

Poi è stata la volta di un messaggio registrato sul sito ForzaSilvio.it:  «Incrinare questa unità – ha detto il Cavaliere rispondendo a un militante di Eboli – sarebbe un errore imperdonabile, è una prospettiva a cui mi opporrò con tutte le forze sicuro di interpretare la volontà della nostra gente». E infine, ieri, l’affondo più netto: «No a correnti mascherate da Fondazioni o associazioni».

La verità è che il proliferare e lo strutturarsi di componenti più o meno berlusconiane è il segnale di un’altra battaglia che si sta combattendo all’interno del partito: quella tra chi spinge per una riorganizzazione del Pdl che passi attraverso i congressi locali e chi, invece, ostacola questa ipotesi. Le ultime notizie parlano di un rinvio della questione a dopo l’estate.

 

Nel frattempo, in assenza di consultazioni tra gli iscritti, l’unico modo per acquisire peso e visibilità all’interno del partito diventa l’organizzazione di una propria componente. Lo ha capito Fini che, non a caso, ha posto più volte pubblicamente il problema dei congressi. Ma su questa linea si pone anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno che, da quando ha iniziato la sua avventura in Campidoglio ha trascorso gran parte del suo tempo a mediare tra le diverse anime del Pdl.

Tra l’altro, un partito nelle mani delle correnti rende più difficile la possibilità di intervenire in maniera organica sulla Manovra. Forse per questo, pur non avendone affatto voglia, Berlusconi sta cercando di chiudere l’eterna querelle con il presidente della Camera. Non è facile anche perché quando un nodo sembra sciogliersi, la controparte rilancia aprendo un altro fronte. Ma unire le forze sembra essere l’unico modo per arginare lo strapotere leghista.

Qualcuno, perlomeno chi non si è fatto coinvolgere da una lettura giustizialista, ha interpretato in questa chiave la nomina di Aldo Brancher a ministro (c’è chi addirittura ipotizza una benedizione del Capo dello Stato Giorgio Napolitano). Un modo per frenare Umberto Bossi e i suoi che, non a caso, si sono immediatamente messi di traverso. Anche se sul fronte leghista la notizia da registrare è lo scontro, più o meno sommerso, tra il Senatur e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. La rivolta degli enti locali ha incrinato il loro rapporto idilliaco. La battaglia in Parlamento si fa più interessante.

(Lamberto Icini)