Chi ha avuto modo di parlargli privatamente racconta che il ministro della Giustizia Angelino Alfano non ha affatto gradito la sconfessione pubblica che Silvio Berlusconi ha fatto del suo lavoro di mediazione sul ddl intercettazioni.

Il premier è deluso perché con il passare dei mesi il testo è cambiato radicalmente tanto che ad alcuni avrebbe confidato che, qualora Fini dovesse riuscire a farne slittare l’approvazione alla Camera a settembre, sarebbe pronto a ritirarlo. Ma tutto questo non spiega l’atteggiamento tenuto nei confronti del suo Guardasigilli. Anche perché chiunque sa che Alfano non si sarebbe mai mosso senza il placet del Cavaliere.

E così nei palazzi della politica ci si domanda come mai Berlusconi abbia aperto alla trattativa per poi sconfessarla in maniera così plateale. La risposta, forse, è meno complicata di ciò che sembrerebbe. Il Cavaliere soffre lo stato di immobilismo in cui lo ha costretto Fini. Si è ormai reso conto di non avere più il coltello dalla parte del manico. Il presidente della Camera, infatti, si è intestato la battaglia sulla questione morale e si prepara a presentare il conto quando, nel mese di agosto, il premier dovrebbe cercare di riorganizzare il Pdl.

Insomma, anche se molti accreditano i finiani di volontà scissioniste, Gianfranco ha tutto l’interesse a rimanere dov’è. Tanto che, intervenendo alla cerimonia del Ventaglio ieri a Montecitorio, si è permesso l’ardire di tracciare l’agenda dei prossimi mesi: «Spero che alla ripresa dei lavori autunnali le riforme tornino ad essere un tema centrale del dibattito perché farle significa rendere ancora più efficace la democrazia. Ci sono le condizioni io credo che si possano fare entro questa legislatura».

 

L’orizzonte cui guarda il presidente della Camera, quindi, è il 2013. E Berlusconi? Può permettersi di continuare a subire questo pressing a tutto campo? Probabilmente no. Di certo il premier non ne può più. Vorrebbe uscire da questa gabbia. L’ideale potrebbe essere quello di stringere un accordo con il cofondatore del Pdl, ma non se ne parlerà prima di settembre.

 

Per ora Berlusconi pensa a come scansare le vicende giudiziarie che hanno colpito alcuni dei suoi fedelissimi, a come ricompattare il partito attorno alla sua leadership e a come far vedere che chi porta avanti il governo è lui e non, come vanno dicendo in molti, Giulio Tremonti. Il problema Fini può essere tranquillamente «ignorato» e rinviato a data da destinarsi. Anche per questo, parlando con alcuni deputati del Pdl in una cena ieri sera a Roma, il premier ha ribadito che «non c’è alcuna trattativa con i finiani». Sgombrando così il campo dai dubbi che erano nati dopo la visita dell’ambasciatore finiano Adolfo Urso ieri pomeriggio a Palazzo Grazioli.

 

Silvio non vuole proprio passare per quello che le dà tutte vinte a Fini. Non lo capirebbero soprattutto i suoi elettori che, in gran parte, considerano il presidente della Camera un «traditore». Per questo, quando ha visto Fini festeggiare per il risultato ottenuto sul ddl intercettazioni non ci ha visto più. E a farne le spese è stato il povero Alfano.