Ci risiamo. È trascorso un mese da quando, il 14 dicembre, il governo guidato da Silvio Berlusconi ha incassato la fiducia di entrambi i rami del Parlamento. Doveva essere la fine di un’epoca e si è trasformata nell’ennesima vittoria politica del Cavaliere. Trenta giorni dopo il premier è nuovamente davanti ad un bivio. Oggi la Corte costituzionale deciderà sul legittimo impedimento. E c’è chi scommette sul fatto che una sentenza negativa spalancherà la porta alla crisi dell’esecutivo. Il premier, lo ha detto anche pubblicamente parlando ieri a Berlino, non è affatto preoccupato da ciò che decideranno i giudici costituzionali.

Da un lato è convinto che la netta contrarietà del Colle ad elezioni anticipate convincerà la Corte a non creare instabilità istituzionale. Dall’altro comincia a pensare che una bocciatura della norma non sarebbe proprio un male. Prima perché gli consentirebbe di evitare il referendum che la Consulta, proprio ieri, ha dichiarato ammissibile. Secondo perché gli fornirebbe l’occasione di tornare ad attaccare quei giudici che vogliono impedire al governo di lavorare per il bene del Paese.

Vada come vada quindi, il premier non sembra eccessivamente preoccupato. Anche se la sentenza di oggi ha creato un clima di attesa. Soprattutto in quel gruppo di “responsabili” che dovrebbe consentire alla maggioranza di avere, alla Camera, numeri meno esigui di quelli con cui ottenne la fiducia il 14 dicembre. Il premier e i suoi “emissari” hanno lavorato molto per raggiungere il numero di 20 deputati necessario per costituire una componente autonoma a Montecitorio. I contatti sono molti, ma la decisione della Corte ha frenato alcuni indecisi che vogliono essere “psicologicamente” certi della tenuta dell’esecutivo. Si parla di arrivi dal Mpa e da Fli. Anche se questi ultimi avrebbero “alzato un po’ troppo il prezzo”. Più difficili “fughe” da Udc, Idv e Pd. In ogni caso, almeno fino a stasera, ogni trattativa è sospesa. Dopo, si vedrà.
 

Di certo il premier vuole cercare in tutti i modi di evitare un patto stabile con il Terzo Polo. Ha già vissuto sulla sua pelle quanto questo potrebbe essere logorante. Meglio avere a che fare con singoli parlamentari che con gruppi omogenei rappresentati da Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini. E se su quest’ultimo il veto è quasi assoluto, sul primo il Cavaliere resta possibilista.

I centristi, infatti, pur non entrando al governo, sembrano piuttosto disponibili a discutere e nel caso votare (o far passare attraverso la loro astensione), provvedimenti dell’esecutivo. L’apertura sul federalismo dopo l’incontro con il ministro Roberto Calderoli è sicuramente un segnale interessante. Così come appare piuttosto significativa l’ipotesi che l’Udc possa entrare a far parte della nuova Giunta di Gianni Alemanno. Per ora si tratta di una voce, ma c’è chi giura che potrebbe diventare realtà. Ieri il sindaco di Roma ha incontrato, un po’ a sorpresa, il Cavaliere. Un faccia a faccia che dimostra come quella che si gioca nella Capitale sia molto di più di una partita strettamente locale. In molti giurano che Casini non accetterà mai di “bruciare” la possibilità di giocare su più tavoli per qualche poltrona nello scacchiere romano. Per giunta quando mancano due anni alle elezioni comunali. Ma in certi casi è meglio non fare previsioni. Esattamente come è meglio non fare previsioni su ciò che deciderà la Corte costituzionale.