E ora il 2013 è più vicino. Il commento circola con una certa insistenza all’interno della maggioranza. Ottimismo, forse, ma anche la consapevolezza che, pur dovendo attraversare un passaggio molto stretto, Silvio Berlusconi può riuscire nell’impresa di portare a termine la legislatura.

A dare ossigeno agli uomini del Cavaliere gli ultimi sondaggi che danno il Pdl in ripresa, ma anche la convinzione che in questo momento, con una lettera di impegni approvata da Bruxelles, scadenze già fissate e con una crisi che non accenna a finire, nessuno può assumersi la responsabilità di far cadere l’esecutivo. Non solo, la convinzione del premier e della maggioranza è che fuori dalla coalizione di governo, al momento, non esista alcuna forza politica in grado di portare a compimento quegli impegni. E non è un caso che mentre il Pd si spacca su riforma delle pensioni e revisione della disciplina riguardante i contratti di lavoro, il suo principale alleato Antonio Di Pietro abbia lanciato la proposta di inviare a Bruxelles una contro-lettera contenente le ricette dell’opposizione.

È soprattutto la “confusione” del campo avversario, quindi, unita al fatto che la campagna per la leadership del centrosinistra è già entrata nel vivo con Bersani, Renzi e Vendola a suonarsele di santa ragione, che dà fiducia alla maggioranza.
Ma non mancano i dubbi. Il più grande riguarda l’opportunità di arrivare a fine legislatura. Mancano ancora 18 mesi e, probabilmente, gran parte delle promesse fatte all’Europa non potranno essere mantenute. Non sarebbe quindi meglio andare a elezioni il prima possibile?

In molti lo pensano. Anche perché si otterrebbe un risultato immediato, rivotare con l’attuale legge elettorale, e uno possibile, sfruttare le divisioni degli avversari e provare a vincere la partita. Non è un pensiero campato per aria e sono in molti a puntare su febbraio-marzo per lo scioglimento delle Camere e il voto anticipato.

Resta un piccolo ostacolo. Prima di fare qualsiasi passo Berlusconi vuole essere certo di aver disinnescato la mina del “governo tecnico”.

Da mesi il Cavaliere pensa che un asse tra il Capo dello Stato, il neogovernatore della Bce Mario Draghi e il sottosegretario Gianni Letta, stia lavorando dietro le quinte per spianare la strada a una personalità del calibro di Mario Monti. Riuscire ad arrivare a gennaio, renderebbe questa ipotesi meno praticabile e consentirebbe al Cavaliere di gestire la transizione.

Sarà vero? Di certo c’è che al momento il premier pensa al 2013. A chi lo ha incontrato ha spiegato che a differenza di altri lui intende usare il tempo che resta non per “accontentare” il proprio elettorato erogando finanziamenti a pioggia. L’obiettivo è, al contrario, quello di rispettare le scadenze indicate all’Europa. Altrimenti l’Italia rischia di pagare un prezzo troppo salato.
La domanda a questo punto è inevitabile: ci riuscirà? Oggi pomeriggio il Cavaliere incontrerà i vertici del Pdl per fare il punto sulla situazione. I malumori non mancano e l’incidente di percorso è sempre dietro l’angolo.

La prima prova, forse già decisiva, si avrà il 7 novembre quando la Camera dovrà rivotare il rendiconto dello Stato su cui è già andata sotto una volta costringendo Berlusconi a chiedere un voto di fiducia.