C’è un dato della giornata di ieri che fotografa forse meglio di altri il momento che la maggioranza e Silvio Berlusconi stanno attraversando. L’Aula di Montercitorio è stata costretta agli straordinari sul processo breve, la seduta è finita dopo la mezzanotte e riprenderà stamattina. La maggioranza ha superato i primi voti senza particolari patemi. Certo ce l’ha fatta grazie all’apporto fondamentale dei ministri-deputati, ma questo dimostra che sul tema delle giustizia non esistono né distinguo, né divisioni. Il governo vuole andare avanti e lo farà. Una prova di forza e di sicurezza che, forse per la prima volta, lascia la possibilità al Cavaliere di affrontare con serenità altre priorità.
Chi ha avuto modo di vederlo o di parlargli ieri racconta che il premier ha passato la sua giornata diviso tra il tema immigrazione e il risiko finanziario che si sta giocando attorno alle Generali. Certo, non ha perso di vista ciò che stava accadendo alla Camera, ma senza particolari patemi. Berlusconi è infatti convinto di aver finalmente imboccato la giusta strada. A Milano i processi vanno avanti, ma con estrema lentezza. Le udienze vengono ormai fissate tenendo conto dell’agenda del presidente del Consiglio. Il principio di “leale collaborazione” tra Cavaliere e pm ha dato vita a un Lodo Alfano “ridotto”. Come se non bastasse il voto sul conflitto di attribuzioni viene letto dai più come l’anticamera della sospensione del dibattimento sul caso Ruby.
Sul fronte legislativo, intanto, prosegue la discussione sul processo breve che porterà all’introduzione della prescrizione breve. Mentre la riforma della Giustizia messa a punto dal Guardasigilli Alfano sembra non dispiacere al Quirinale. Il che significa che per la prima volta dopo anni il centrodestra potrebbe realmente riuscire a mettere mano al settore.
A tranquillizzare ulteriormente il governo l’impressione che il Paese non sia troppo ostile a interventi che vadano a intaccare alcuni privilegi delle toghe. Certo, l’indignazione non manca, ma il flop della ultime manifestazioni di piazza organizzate dall’opposizione sembrerebbe confermare questa tesi. Insomma i tempi di Tangentopoli sembrano definitivamente passati e oggi la categoria dei magistrati non è più intoccabile come un tempo. Anche perché la commistione tra magistratura e politica è resa evidente dal numero sempre maggiore di pm che si lasciano tentare da un posto da sindaco o da parlamentare.
Insomma, la giustizia resta in cima all’agenda del governo, ma la convinzione del premier è che gli scogli maggiori siano stati superati. I numeri parlamentari, pur con qualche sacrificio, dicono che la maggioranza c’è. L’asse con la Lega, che la vicenda immigrati sembrava poter incrinare, appare piuttosto solido. I malumori dei Responsabili e di coloro che ancora aspettano un posto nell’esecutivo, sembrano essersi placati in attesa di un rimpasto che potrebbe arrivare in due fasi: prima e dopo le amministrative. C’è di cui essere soddisfatti.