“Con il nuovo ministro ci relazioneremo dal punto di vista istituzionale come accaduto in questi anni”. Poche parole per commentare la nomina a nuovo ministro della Giustizia di Francesco Nitto Palma. Poche parole che appartengono, però, al presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara. Un commento ufficiale che non tradisce né gradimento, né contrarietà. Normale visto che è ancora presto per poter esprimere giudizi compiuti, ma forse c’è dell’altro.
Nitto Palma, infatti, è piuttosto legato a Palamara al punto da essere suo testimone di nozze. Cosa ha spinto la maggioranza a nominare un candidato così “particolare”?
Nei palazzi della politica si scommette sul fatto che dietro la nomina del nuovo Guardasigilli ci sia lo zampino di Napolitano. Dopotutto il Capo dello Stato è intervenuto a più riprese durante il percorso che ha portato alla sostituzione di Angelino Alfano. E anche se il presidente della Repubblica mantiene e dice di mantenere un ruolo distaccato dalle vicende nazionali è indubbio che il suo parere abbia molto contato.
Ma c’è di più. C’è chi legge nell’arrivo di Nitto Palma a viale Arenula l’inizio ufficiale della fine del ciclo berlusconiano. Certo, il premier resta a Palazzo Chigi e almeno per il momento non sembrano esserci elementi che lasciano intravedere una fine prematura dell’esecutivo, anche perché l’opposizione ha il suo bel da fare con le vicende giudiziarie che l’hanno coinvolta.
Ma il futuro non è più suo. Il neosegretario del Pdl Alfano lo ha detto chiaramente presentando il progetto su cui intende lavorare nei prossimi mesi: la costituente popolare per riunire tutti i moderati italiani. Una prospettiva che, ha spiegato, include Silvio Berlusconi “che ha vinto nel 2008 e ha diritto di governare fino al 2013”. E poi?
E poi il nuovo soggetto, che ha l’ambizione di recuperare anche Casini e Fini, dovrà camminare da solo. Questa è la prospettiva. Che comprende, tra l’altro, anche un nuovo rapporto con l’opposizione. Basta con lo scontro senza esclusione di colpi, ora è il momento di intese sui grandi temi e sulle priorità del Paese. La manovra è stato il primo banco di prova, ma altri ne arriveranno. A cominciare dalla delega fiscale e da quella previdenziale strettamente legate alla manovra. I contatti non mancano.
Alfano, ad esempio, ha un canale preferenziale con Enrico Letta che non a caso è stato il regista dell’intesa sulla Finanziaria (Bersani si trovava in viaggio in Medio Oriente). Un’intesa fortemente caldeggiata dal Quirinale che ha sicuramente una sintonia particolare con i Letta di maggioranza e opposizione. Ma anche con Alfano che, quando era ministro, salì più volte sul Colle per spiegare le riforme della Giustizia tornando, quasi sempre, “vincitore”.
Insomma la strada del dopo-Berlusconi è tracciata. Bisogna solo aspettare.