È stata una strana settimana, che è comunque servita a far capire come la politica italiana stia attraversando una fase in cui gli equilibri possono cambiare e addirittura capovolgersi rapidamente. Sette giorni fa il premier Mario Monti attendeva a Palazzo Chigi i leader dei partiti che sostengono il suo esecutivo. Del trio ABC il primo, Angelino Alfano, sembrava quello più in difficoltà. I sondaggi davano il Pdl in caduta libera. In molti consideravano le amministrative di maggio come il punto di non ritorno spingendosi fino al punto di prevedere un’implosione del partito. Con uno scenario di questo tipo il Terzo Polo era pronto a raccogliere i “cocci” del Pdl, rafforzandosi per poi tentare un’intesa con il Pd in vista delle Politiche 2013. Non solo, ma Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani erano anche pronti a imporre la loro agenda spingendo il governo a occuparsi, tra le altre cose, di Rai e Giustizia. Quel vertice, è cosa nota, non c’è mai stato per la decisione di Alfano di disertarlo. E siamo a oggi.
Stasera Monti ha riconvocato ABC a Palazzo Chigi alle 20. Ma tutto è cambiato. Con il suo gesto di rottura, infatti, il segretario del Pdl ha ribaltato i rapporti di forza. Paradossalmente è lui, in questo momento, il più forte della compagnia. Il partito ha stabilizzato i propri consensi e, anzi, mostra qualche piccolo segnale di crescita. Non solo, ma Casini e Bersani rincorrono sul piano dei contenuti. È Angelino, in questo momento, a dettare l’agenda. Ha scippato ai Democratici le battaglie di “sinistra” come quella sul lavoro e sul credito che le banche dovrebbero dare alle imprese per far ripartire la crescita. Inoltre ha sfidato l’Udc sui temi eticamente sensibili (in particolare le nozze gay) mettendo in agitazione il Terzo Polo (tra Fli e i centristi non c’è identità di vedute), ma frenando anche il percorso di avvicinamento con il Pd.
Non solo, la mossa di descrivere Bersani e Casini come esponenti della “vecchia politica” che si interessa solo di poltrone e non delle cose che interessano veramente i cittadini, ha fortemente depotenziato anche le discussioni su Rai e Giustizia. Che saranno tra i temi dell’agenda di stasera, ma verranno affrontati secondo i tempi e i modi definiti dal Pdl.
Stasera, ad esempio, Alfano parlerà del ddl anticorruzione, ma anche di intercettazioni, giusto processo, riforma costituzionale della giustizia, responsabilità civile dei magistrati. Allo stesso modo, se si toccherà il nodo di Viale Mazzini sarà per parlare di governance e non di nomine. Insomma, nel Pdl si canta vittoria per essere riusciti a mettere nell’angolo il resto della maggioranza recuperando il centro della scena.
Dopotutto, spiegano, si tratta pur sempre del partito di maggioranza relativa. Se Casini e Bersani, con i loro numeri, pensano di poter condizionare le scelte dell’esecutivo, sbagliano di grosso. C’è poi un altro elemento che spinge il Pdl a continuare lungo la strada intrapresa. Martedì il governo è stato battuto tre volte in Aula sugli ordini del giorno. Inciampi che non mettono in discussione il cammino dei tecnici, ma che rappresentano comunque dei “segnali”. Sono il sintomo di una certa insofferenza della politica che non ha alcuna intenzione di abdicare il proprio ruolo.
Nel 2013, dicono gli uomini di Alfano, torneranno i partiti. Gli stessi cui gli elettori, con il voto, delegano il compito di rispondere ai propri bisogni. Nel 2013, insomma, si tornerà a confrontarsi su idee e programmi alternativi. Il percorso è lungo e pieno di insidie, ma meglio non perdere tempo prezioso.