Manca ancora un anno (a meno di sorprese) alle elezioni del 2013. Tutto potrebbe cambiare da un momento all’altro. Ma l’impressione è che la campagna elettorale sia già nel pieno del suo svolgimento. Non è certo una novità per chi sostiene che la campagna elettorale, in fondo, coincida con il tempo che separa un voto dal successivo. Ma lo è in un momento in cui anche gli osservatori più attenti hanno già celebrato il funerale dei partiti italiani. 

Inutile dire che Pd e Pdl non hanno mai condiviso questa lettura. Oggi, però, hanno qualche elemento in più per sostenere la propria tesi. Il governo di Mario Monti, infatti, appare in difficoltà. Per ora si è distinto per una politica che ha affrontato, in maniera non sempre condivisa dagli italiani, alcuni dei temi caldi dell’agenda politica. Ma ancora non è riuscito a mettere in campo misure per la crescita. Ed è su questo tasto che i partiti hanno intenzione di spingere nei prossimi mesi.

Solo con una ripresa significativa dell’economia, infatti, l’esecutivo tecnico di emergenza potrebbe essere messo definitivamente da parte. Non solo, ma sulla crescita si gioca anche la partita del consenso su cui il Professore ha sfidato la maggioranza che lo sostiene. Pd e Pdl sono decisi, oggi più che mai, a recuperare quei voti che permetterebbero alla politica di tornare protagonista. Proprio per questo hanno ricominciato a parlare ai propri elettori. Sul tema del lavoro i Democratici hanno scatenato l’offensiva sull’articolo 18. Al contrario gli uomini di Angelino Alfano stanno concentrando la loro attenzione sul fronte delle imprese. E un’intesa è tutt’altro che impossibile.

Bersani sa che gli basta ottenere l’introduzione del reintegro in caso di licenziamento per motivi economici per cantare vittoria. Per questo sta cercando di liberarsi dall’abbraccio della Cgil consapevole che solo abbassando il livello dello scontro si può arrivare ad un risultato favorevole. Allo stesso tempo ha aperto a forme di flessibilità in entrata, un tema su cui il Pdl ha tutto l’interesse a confrontarsi. Gli imprenditori, storico bacino di voti del centrodestra, hanno chiaramente spiegato che il loro problema non è la libertà di licenziare, ma la possibilità di creare lavoro. Un’idea che non può certo dar fastidio al centrosinistra che al contrario pesca voti più all’interno della classe operaia.

Insomma in questo momento i “nemici” degli ultimi 20 anni sembrano aver capito che l’unico modo per liberarsi degli ingombranti tecnici è cercare di mettersi d’accordo portando a casa il miglior risultato possibile. Proprio per questo l’imperativo è non dividersi all’interno. Il Pd ha archiviato la pratica durante l’ultima direzione mettendo da parte i personalismi e mostrando una compattezza e un’armonia che Massimo D’Alema ha definito da “Libro Cuore”. 

Il Pdl dovrà affrontare il nodo oggi nella riunione dell’ufficio di presidenza convocata a Palazzo Grazioli. Non è ancora certo che Silvio Berlusconi partecipi alla riunione. Di sicuro il Cavaliere ha molto lavorato in questi giorni per mediare tra ex An e ex Forza Italia. E l’impressione è che l’appuntamento si concluderà senza spargimento di sangue. Dopotutto siamo alla vigilia delle amministrative che rappresentano il primo banco di prova per capire se i partiti hanno veramente la possibilità di tornare al centro della scena pubblica. Per questo è necessario che tutti marcino verso l’obiettivo compatti.

E Monti? Al di là dei proclami e delle dichiarazioni di intenti il viaggio del premier in Medio Oriente, al netto delle gaffes, non sembra aver prodotto risultati significativi. Serve un salto di qualità. Il Professore ha convocato un Consiglio dei ministri per stamattina. All’ordine del giorno la discussione su leggi elettorali. Difficile non pensare che la riforma del lavoro resti fuori della discussione. Non si può più rinviare la presentazione del testo. Anche solo per non dare l’impressione che questo esecutivo, oltre a tassare, non sia in grado di fare altro.