È presto per cantare vittoria, ma di certo la prima battaglia è stata un discreto successo. Angelino Alfano è riuscito a ricompattare il partito e a mettere la propria leadership a riparo dal fuoco amico. Non solo, ma allo stesso tempo, pur ribadendo l’importanza della figura di Silvio Berlusconi per il Pdl e per il centrodestra, ha ridimensionato il Cavaliere che, negli ultimi tempi, era tornato protagonista del dibattito politico.
Certo, sull’analisi della crisi e sull’appoggio al governo Monti le distanze all’intero del partito restano profonde. Così come sull’ipotesi che, al di fuori del recinto del Pdl, fioriscano liste più o meno “civiche”. Anche per questo chi ha partecipato ieri all’ufficio di presidenza a Palazzo Grazioli, spiega che tutto è ancora in divenire. Che la discussione sul cambio di nome e di forma è tutt’altro che archiviata. Così come quella su possibili alleanze programmatiche. Ma in questo momento era fondamentale fissare dei punti.
Il primo è che Alfano è e resta il segretario del partito. Chi vuole sfidarlo potrà farlo alle primarie per la premiership che il centrodestra celebrerà ad ottobre, da qui ad allora la parola d’ordine è: compattezza. Anche Berlusconi lo ha detto chiaramente parlando ai suoi. Il “modello” è quello del Pci che, nonostante tutto, è riuscito a passare i momenti peggiori della propria storia, anche le cocenti sconfitte come quella del 1994, puntando sulla sua unità.
Il secondo punto fermo è la necessità di recuperare la fiducia dei propri elettori. Anche qui il Cavaliere ha spiegato, in perfetta sintonia con Alfano, che gli elettori del Pdl, oggi raccolti per la maggior parte nell’area dell’astensione, sono disponibili a tornare all’ovile a patto che gli venga proposto “un programma forte e credibile”. Ecco allora i sei punti elencati dal segretario. Per ora si tratta per lo più di un’analisi: la crisi che ha colpito soprattutto le famiglie; la Bce che deve diventare “prestatrice di ultima istanza”; la lealtà al governo Monti, ma stop a interventi contrari agli interessi delle famiglie; la riforma presidenzialista e del sistema elettorale; il programma da definire anche attraverso forme di consultazione online dei cittadini e le primari per il candidato premier.
Questi i punti su cui il partito lavorerà nei prossimi mesi. Il tutto senza perdere di vista i movimenti all’interno del Pd. Anche perché l’obiettivo di costruire la “casa dei moderati” resta in piedi e non è possibile lasciare che sia Bersani a “corteggiare” Casini.
A questo punto resta solo da capire se Alfano riuscirà a portare avanti il suo percorso senza tornare nel mirino dei suoi compagni di partito. Dalla sua ha l’appoggio del presidente del Senato Renato Schifani, suo grande sponsor, e l’uomo con cui in questi mesi ha definito fin nel dettaglio la strategia da mettere in campo. Anche la lettera che il numero uno di Palazzo Madama ha inviato al Foglio è frutto di questa strategia che, in ogni caso, non ha come obiettivo quello di colpire alle spalle Berlusconi piuttosto di portare avanti, assieme a lui, un percorso di superamento del centrodestra così com’è stato conosciuto in questi anni. Lo stesso Alfano è alla ricerca di volti nuovi e che possano aiutare il processo di rinnovamento (ad esempio l’ex uomo forte della Protezione Civile Guido Bertolaso). Ma tutto questo fa parte della “situazione fluida”, per ora l’importante è rimanere “uniti”.