L’avventura dei miei amici, ormai li devo chiamare così, del Club Imprenditori Libera Impresa prosegue vivace e spedita. Qualche giorno fa si sono riuniti di nuovo guidati dal loro presidente Ambrogio Beretta. Proprio lui ha iniziato raccontando che a seguito dell’articolo di settimana scorsa sono nati tanti incontri (online ovviamente) con amici, altri imprenditori, con personalità pubbliche e politici di vari partiti, con cui si sono confrontati sulla concezione del lavoro che emerge in questo momento storico. Dice Ambrogio: “I media raccontano una realtà distorta, in cui c’è una contrapposizione tra lavoro e salute. Invece non ci sono due termini, ma uno solo: l’uomo, che per essere in salute deve lavorare. Senza lavoro uno non sta bene, non si realizza, gli manca umanamente qualcosa. Ma senza salute non è lavoro, ma schiavitù”.
Sulla stessa onda c’è Giovanni, imprenditore del settore alimentare, che dice: “Bisogna comprendere che lavoro e salute sono di per sé intrecciati. Quando lavoro devo poter essere in un ambiente sano, altrimenti non si può chiamare lavoro”. Prosegue Matteo, a capo di un’azienda metalmeccanica: “Abbiamo sempre tutelato e investito per la salute dei nostri collaboratori. Per questo abbiamo chiuso l’azienda seguendo prontamente le indicazioni del Governo. Ora io vedo però che c’è voglia di ripartire. Dopo Pasqua dobbiamo riaprire, magari con gradualità, tornando a produrre per il bene di tutti. Ovviamente rispettando le nuove norme di sicurezza”.
Luca, che ha un’impresa di impiantistica, racconta questo fatto: “Alcuni miei dipendenti sono in cassa integrazione, ma ogni giorno ricevo e-mail da loro nelle quali mi dicono che vogliono ripartire. Il gusto del lavoro non lo spegne neanche questa crisi”. Anche Michele, a capo di un’importante azienda nel settore viaggi, riporta un aneddoto commovente: “Per la prima volta nella storia della mia azienda ho mandato in cassa integrazione i miei dipendenti. Nessuno però vuole fermarsi. Tutti noi stiamo facendo corsi di formazione e aggiornamento e sento che le persone hanno desiderio di lavorare perché sanno che il lavoro che facciamo è utile a tutti. L’uomo ha bisogno di viaggiare per incrementare le proprie conoscenze e quindi se stesso”.
Di nuovo Matteo: “Questa settimana ho riaperto una piccola parte della mia azienda per produrre dei materiali che servono per i settori ritenuti essenziali. Ho chiesto a diciotto persone e tutte quante, nessuna esclusa, hanno detto che sarebbero venute in azienda la mattina dopo con piacere. Questo perché non c’è vita senza lavoro”. Ambrogio allora riporta quest’altro fatto: “Noi in azienda adesso siamo presenti solo in sette su quaranta, ma oserei dire che c’è un clima quasi di festa. A pranzo ad esempio alcuni di noi hanno portato della parmigiana spettacolare e altri manicaretti e, pur nella fatica e nella distanza di sicurezza che dobbiamo rispettare, ci sentiamo più vicini che mai”.
Questi imprenditori e tutti i loro collaboratori hanno voglia di ripartire e lanciano un altro appello: lavorare tutti nella direzione di rendere sempre più sicuri i luoghi di lavoro e far ripartire le aziende, fonte di ricchezza e di salute per tutti. In primis per i dipendenti.
Lanciano un motto: #vogliadiripartire. Invitano i politici a costruire in fretta questo nuovo scenario, i giornalisti a raccontare storie di chi è disposto a mettersi in gioco e quanti vorranno a incontrarli (per contattarli: clubimprenditori@cdo.org)
Questa crisi non si supera contrapponendo ideologicamente salute e lavoro, ma anzi cogliendo l’occasione per rendere sempre più evidente che il lavoro è parte essenziale della salute. Questi imprenditori chiedono solo che non venga loro negata questa opportunità.