Lo chef Massimo Bottura, tra gli stellati più famosi d’Italia, si è raccontato nell’ambito di un’intervista concessa al quotidiano “Il Giornale”, nella quale ha acceso i riflettori su un suo progetto in particolare, avviato con la moglie Lara Gilmore: i refettori di “Food for Soul”, luoghi dedicati all’accoglienza dei membri più fragili della comunità, dove vengono serviti pasti buoni e nutrienti a partire da eccedenze alimentari, contrastando così lo spreco e favorendo
l’inclusione sociale. Ad oggi in tutto sono tredici, ma l’obiettivo è quello di crescere ulteriormente e c’è già un’idea sulla prossima “tappa”.



“Vorrei aprire un Refettorio a Betlemme intitolandolo a mia mamma, Maria Luigia – ha dichiarato Bottura -. Spero di farcela l’anno prossimo. Già vedo i lunghi tavoli fratini dove far sedere tutte le religioni del mondo, lì, nel vecchio convento di monaci italiani che da oltre un secolo fanno pane per la comunità. È un posto da favola. Che muri… le volte, i giardini, i fasci di luce. Tutto da fare, ma tutto già pronto. Credo nelle buone idee e Betlemme potrebbe essere una di queste, arrivando al cuore della gente, forse più efficace di tanti incontri diplomatici”.



MASSIMO BOTTURA: “MIO PADRE MI VOLEVA AVVOCATO”

Nel prosieguo della sua chiacchierata con i colleghi de “Il Giornale”, Massimo Bottura ha spiegato la sua filosofia di vita (e di carriera): “Duro lavoro, cosa che noi emiliani abbiamo nel sangue. Alzarsi la mattina, andare a letto a notte fonda e nel frattempo aver fatto ciò che si era scelto di fare”. Anche se suo padre l’avrebbe preferito avvocato: “Vengo da una piccola città dove il pezzo di carta era considerato irrinunciabile. ‘Bon de nient. Tenghe voia fer niint’, si diceva a chi non voleva fare certi studi. Come tutte le persone che negli anni ’60 abbracciavano il successo, anche mio padre riteneva che le sue pianificazioni avessero un valore tale da essere applicabili a tutti. Mamma la pensava diversamente e non smise di spronarmi a trovare una strada che fosse mia, dove canalizzare le energie”.



Massimo Bottura è considerato un Talento ribelle e in quanto tale è stato analizzato nell’omonimo libro da Francesca Gino, docente alla Harvard Business School: “Non bado mai a quello che faccio. Cerco sempre di pensare molto lentamente e di analizzare prima di prendere una decisione. Sento molto il carico di responsabilità. Essere considerato un punto di riferimento ha fatto aumentare in modo esponenziale le responsabilità, mi piace il confronto con i collaboratori, ma la decisione ultima è sempre mia“. Ma come si fa ad avere un palato come il suo? “Penso sia questione di allenamento, come l’ugola per i cantanti. Per me è stato vitale viaggiare continuamente. Assaggiare il meglio del mondo ti evolve, affina il palato. Poi guai a partire dal presupposto che un tacos a Città del Messico è un tacos e basta, evitando di andare nella criticità dei sapori”.