Uno dei primi argomenti trattati dalla task force nelle fasi iniziali dell’emergenza Covid è quello dei voli aerei provenienti dalla Cina. Il motivo è facile da intuire: la gestione dei controlli degli arrivi è fondamentale se si vuole creare un argine per evitare che l’ingresso del coronavirus. Ma il 22 gennaio viene attivato il “canale sanitario” (con il controllo della temperatura) all’aeroporto di Fiumicino solo per i passeggeri dei voli da Wuhan. Lo si apprende dai verbali della task force che sono stati recentemente pubblicati e da cui emerge che in quei giorni non si concluse nulla per i voli indiretti, quelli cioè con scalo, anche perché il personale sanitario in dotazione agli aeroporti non era sufficiente. Al secondo incontro, quello del 23 gennaio, la task force raccomandava al governo di controllare tutti i voli dalla Cina, mentre il giorno dopo il ministro della Salute Roberto Speranza chiedeva di approntare un modello organizzativo idoneo a fronteggiare situazioni di grande criticità. Iniziativa rassicurante a parole, di fatto fu allestito un canale sanitario aggiuntivo a Fiumicino e fu sollecitato l’aeroporto di Malpensa a dotarsi di un termoscanner per attivarne uno a sua volta.
IL CASO VOLI INDIRETTI NEI VERBALI DELLA TASK FORCE
Solo il 25 gennaio i controlli furono estesi a tutti i volo diretti. Per ben quattro riunioni di fila il ministro della Salute Roberto Speranza ha insistito sulla necessità di comunicare in maniera adeguata la reale portata del fenomeno, su cui però evidentemente neppure loro avevano le idee chiare. Si arriva così al 30 gennaio, giorno in cui il Governo Conte II dispose la sospensione dei voli diretti dalla Cina all’Italia. Tra i verbali della task force c’è quello del 31 gennaio in cui Speranza chiedeva ai partecipanti di «valutare come poter affrontare la questione dei voli indiretti», quindi «se le forze e energie umane e tecnologico sinora approntate per i voli diretti possano essere impiegate anche per i voli indiretti di maggiore rilevanza». Il segretario generale Ruocco rappresentava allora la necessità di estendere le misure di sorveglianza previste allora solo per gli aeroporti di Fiumicino e Malpensa anche per tutti gli altri aeroporti italiani. Il virus arriva a circolare in mezza Europa, ma al 6 febbraio ancora nulla è stato fatto per i voli transito. A due settimane dal primo allarme del ministro. Del resto, c’era la convinzione che il coronavirus non fosse arrivato in Italia. Il 7 febbraio il ministro Speranza «evidenzia la necessità di comunicare all’opinione pubblica che resta ferma la misura di sospensione dei voli diretti da e verso la Cina». Pur sapendo dal 22 gennaio che ciò sarà è senza fermare i viaggiatori che hanno fanno scalo altrove.