Volkswagen ha intenzione di mettere in pratica il piano annunciato qualche mese fa per la riduzione dei costi aziendali. Per far fronte alla recessione causata dalla crisi delle vendite di auto elettriche che aveva costretto il gruppo a rivedere gli obiettivi di produzione ora la decisione finale è quella di chiudere tre stabilimenti in Germania e tagliare oltre che i posti di lavoro anche le retribuzioni per i dipendenti che resteranno. Il progetto infatti, come confermato dalla dirigente Daniela Cavallo, presidente del consiglio aziendale, è quello di raggiungere un accordo che preveda di separare alcuni reparti, bloccando di fatto gli impianti in cui lavorano attualmente quasi 30mila dipendenti tra operai, impiegati di amministrazione e tecnici e coinvolgendo inevitabilmente anche ditte esterne che perderebbero contratti importanti di collaborazione.
I rappresentanti dei lavoratori e i sindacati hanno già previsto una resistenza ai negoziati, chiedendo maggiori sforzi da parte del governo al fine di tutelare l’occupazione in questo settore cruciale per tutta l’economia tedesca, tuttavia la Volkswagen sembra essere determinata a portare avanti le misure, anche perchè i numeri degli ordini e delle vendite continuano a calare oltre le previsioni.
Volkswagen taglia costi per crisi vendite auto elettriche, prevista chiusura di tre stabilimenti e licenziamenti in massa
Volkswagen approva piano di riduzione costi da circa 10miliardi di euro per far fronte al buco sui ricavi provocato dalla crisi delle vendite delle auto elettriche. Il provvedimento che il consiglio di amministrazione sta studiando dovrebbe prevedere la chiusura di tre stabilimenti in Germania, un passo mai stato così drastico, ma che come aveva annunciato il direttore finanziario del gruppo Arno Antlitz si rende necessario vista la conferma del calo di fatturato ed un bilancio che per il 2024 è già stato previsto in negativo di circa 2 miliardi in meno rispetto allo scorso anno. Questa decisione potrebbe provocare la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e l’annullamento dei precedenti accordi con i rappresentanti sindacali, il che significherà anche un ritocco delle retribuzioni, fino al 10% in meno, per chi è attualmente impiegato nelle fabbriche che il gruppo deciderà di lasciare in funzione.
Questa situazione che non è isolata solo alla Germania ma diffusa in tutta Europa, sta certificando quella che è stata ormai confermata come la peggiore crisi del settore automotive degli ultimi anni, principalmente dovuta ai grandi investimenti che le industrie hanno fatto per cercare di raggiungere gli obiettivi green Ue sul progressivo stop al motore a benzina ma che non hanno dato i risultati sperati visto che i prezzi competitivi dei veicoli cinesi sul mercato sembrano ancora irraggiungibili.