Ursula von der Leyen è stata ieri a Roma nell’ambito del “tour nelle capitali” europee con cui certificare il via libera ai Pnrr presentati dai singoli Paesi e avere così accesso alle risorse del Next Generation Eu. Il significato dell’incontro della Presidente della Commissione europea con Mario Draghi, secondo Francesco Forte, va però oltre i 25 miliardi che entro luglio arriveranno quale anticipo degli oltre 190 che spettano all’Italia dai qui al 2026.



«Dopo l’uscita del Regno Unito – spiega l’ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie – i Paesi che contano nell’Ue sono Germania, Francia e Italia. Tra Berlino e Parigi, che finora hanno determinato le sorti del continente, ci sono però oggi più divisioni di quante ce ne siano tra Berlino e Roma».



Cosa c’entra tutto questo con la visita della Presidente della Commissione europea?

Ursula von der Leyen è esponente della parte meridionale della Germania, quella più industriale, cruciale per il partito di Angela Merkel di cui è stata ministro fin dal 2005. Sa bene che l’Italia non è più un Paese di Serie B, anche grazie alla presenza di Draghi. Nel suo duplice ruolo di rappresentante dell’Ue e del partito che ha retto finora le sorti della Germania sa che il nostro Paese ora conterà quanto meno come la Francia.

Perché è convinto che l’asse franco-tedesco non possa più reggere?



Anzitutto perché Macron sembra contare sempre meno, vista l’affermazione dei Repubblicani nelle regionali dello scorso fine settimana. È vero che la Merkel tra qualche mese uscirà di scena, ma la Cdu potrà guidare ancora il Paese e non credo sia casuale l’incontro proprio con Draghi lunedì. Ci sono poi alcune questioni che dividono Berlino e Parigi: la presenza nucleare francese in Cina non piace molto ai tedeschi. E sulle questioni di politica estera, visto che la Francia ha un linea che nel Mediterraneo può essere non del tutto in sintonia con la Nato, è più facile per la Germania allearsi con l’Italia che non con la Francia.

Nei mesi scorsi c’è stato però un avvicinamento tra Draghi e Macron e il ministro delle Finanze austriaco ha annunciato una battaglia contro Francia e Italia. Sembra esserci più comunanza tra il nostro Paese e la Francia che non la Germania.

Non si può parlare di alleanza tra Italia e Francia, ma di sudditanza dell’Italia alla Francia. L’integrazione industriale Italia-Germania è importante e non a caso i tedeschi sono preoccupati dal fatto che nei settore industriali i francesi vadano a caccia di imprese italiane. In questo senso l’operazione che ha portato alla nascita di Stellantis non è stata certo gradita. La Francia ha un forte potere finanziario, mentre la Germania, dopo le vicissitudini di Deutsche Bank, non ha più banche di grande rilievo. Anche questo preoccupa Berlino. Quanto agli attacchi al nostro Paese per il suo debito pubblico, va ricordato che ormai per l’Italia vale il principio del too big to fail.

Lei crede che la Germania possa spendersi per difendere l’Italia dai falchi del nord?

È chiaro che per quanto Draghi possa ben operare, il debito pubblico dell’Italia resta molto elevato. In certi ambienti della Germania prevale ancora la teoria del trattato di Maastricht basata su certi parametri ritenuti quasi sacri o magici, mentre il vero punto è che ormai il debito italiano sul mercato secondario in mano a soggetti diversi dalla Bce è di modesta entità. L’Italia è quindi indebitata con la Banca centrale. È inverosimile pensare che qualche Paese debba pagare per l’Italia perché insolvente: bisognerebbe immaginare che l’Eurotower metta sul mercato i Btp che detiene creando però per se stessa un enorme danno.

Secondo lei, chi sceglierà Draghi tra Francia e Germania?

Nella maggioranza non c’è una preferenza, forse il Pd propende più per la Francia. Il Premier, da un lato, parteggia forse più per la Germania, ma per ragioni di riequilibrio visto che finora l’Italia è stata più spostata verso la Francia, dall’altro, vuole avere la possibilità di cogliere le opportunità che possono arrivare sia da Parigi che da Berlino mantenendo un atteggiamento più equilibrato. Draghi non può in ogni caso non tenere conto di un aspetto importante nelle sue scelte: in questo momento gli Stati Uniti sono molto attenti al nostro Paese vista la sua posizione strategica nel Mediterraneo.

(Lorenzo Torrisi)

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