LE MOSSE DI VON DER LEYEN E I DUBBI DI MELONI: AD UN MESE DALLE EUROPEE LE TRATTATIVE IN ALTO MARE
Non lo scriviamo da oggi: quello che solo qualche mese fa sembrava un accordo quasi già scritto tra i Conservatori di Giorgia Meloni e la Presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen per un allargamento a destra nella prossima maggioranza Ua, qualcosa sembra cambiato e non solo a Palazzo Chigi. Da Draghi a Metsola o addirittura Manfred Weber, leader del PPE e decisamente più apprezzato dai vertici di ECR (i Conservatori e Riformisti guidati dalla Premier Meloni): sono questi i tre nomi “rilanciati” dal retroscena dell’Huffington Post in questi giorni che confermano quanto da noi già ricostruito nelle scorse settimane, con il “dubbio” amletico per la leader FdI di dover scegliere dopo le Europee su quale “carro” salire, se quello del Von der Leyen bis o se insistere sull’allargamento di un vero Centrodestra in ambito Ue, o se semplicemente mantenere la maggioranza “Ursula” (con l’aggiunta dei Conservatori) senza però Ursula.
Il tema torna di nuovo di stretta attualità dopo la candidatura ufficiale di Meloni come capolista alle Europee e soprattutto dopo le dichiarazioni di netta apertura fatte dalla Presidente della Commissione Ue nei confronti di ECR: «Dipende dal Parlamento e da chi ci sarà», sono le semplici risposte di Von der Leyen alla domanda diretta sulla possibile collaborazione con le forze dei Conservatori. Tanto per capirci, quando le è stato chiesto lo stesso nel primo comizio a Maastricht su ID (il gruppo di Salvini e Le Pen), la risposta è stata tutt’altro che positiva, arrivando ad escludere categoricamente un’alleanza con l’ala sovranista. Questo significa che dal fronte Von der Leyen, dopo le indagini degli ultimi tempi (non solo sui vaccini Pfizer, ndr) il rischio di perdere la fiducia di Socialisti e Renew Europee porterebbe ad essere ancora più aperta al Centrodestra per rimanere in sella in un mandato bis; lato Meloni invece resta il rischio di un accordo con il “cavallo perdente”, lasciando così dopo il voto il “pallino” del Consiglio Ue sulla nomina della nuova Commissione Europea in mano ai vari Macron, Scholz e Sanchez (tutti e tre i leader tra l’altro, per motivi diversi, in difficoltà in patria e tutt’altro che certi di una rielezione alle prossime Elezioni nazionali).
CORSA ALLE EUROPEE, COSA DICONO I SONDAGGI UE: CRESCE L’ASSE DI DESTRA, RENEW E SOCIALISTI IN DIFFICOLTÀ
Come poi dimostrano anche gli ultimi sondaggi politici pubblicati tanto in Italia quanto in Francia, i gruppi della destra europea – ECR e ID – vengono dati in un appassionante testa a testa con i liberali di Macron per contendere il terzo gradino del podio in Europarlamento: con PPE e Socialisti sicuri dei primi due posti, pur con calo importante dei seggi rispetto alle scorse Europee (specie in casa S&D), i risultati del voto di giugno saranno decisivi per capire quali equilibri di forza ci saranno nel nuovo Parlamento Ue. In particolare, se l’asse di destra avrà voti e consensi tali da poter impostare una trattativa in cui realmente il “sogno” di Meloni-Salvini-Tajani possa davvero concretizzarsi, ovvero l’unità di intenti fra PPE (con Weber o Metsola come nomi caldi per la Commissione Ue), ID e ECR, lasciando fuori le sinistre della guida dell’Europa.
Nei sondaggi diffusi dal Messaggero con la media dei consensi del mese di marzo, dietro ai Popolari e ai Socialisti la terza forza resta Renew di Macron con una proiezione di 76-94 seggi, tallonati però da Identità e Democrazia (75-94) e dagli stessi Conservatori di Meloni con 71-86 seggi. Nel frattempo in Francia gli ultimi due sondaggi verso le Europee danno per la prima volta storica il raddoppio netto dei voti per Marine Le Pen rispetto al Presidente Macron: i dati Odoxa Poll danno il Rassemblement National al 32% contro il 15,5% del partito di Macron e Attal, con i Verdi al 7% e i Repubblicani appena all’8%, sotto i Socialisti francesi al 13%. Sondaggio confermato dalla contemporanea analisi tra il 24 e il 26 aprile di Harris per Toluna Poll: qui Le Pen vola al 31% contro il 16% di Renew, 13% per i socialisti e 9% per i Repubblicani in quota PPE. Come ha spiegato la leader FdI Giorgia Meloni durante il discorso di candidatura alle Europee, dare nomi oggi per il post-voto non ha alcun senso e servirebbe solo a dare la fotografia di una Europa che prova a decidere il destino del continente senza tener conto del voto degli elettori: le trame però continuano incessanti e le considerazioni in merito ai sondaggi non possono che entrare nel dibattito interno dei singoli Stati Ue. I dubbi restano, le alleanze scricchiolano e nuovi equilibri potrebbero realmente “sconvolgere” il Consiglio Europeo dopo il voto di giugno: tutto è ancora aperto ma Von der Leyen rispetto agli scorsi mesi sembra meno solida nella corsa ad un mandato bis.