Per soli 9 voti (383 rispetto ai 374 necessari), tra cui quelli del Movimento 5 Stelle, Ursula von der Leyen ieri è stata designata dal Parlamento europeo per diventare Presidente della Commissione. In un discorso davanti all’assemblea di Strasburgo l’ex ministra della Difesa tedesca ha spiegato che intende far in modo che venga approvato un salario minimo europeo e di volere un’Europa “climaticamente neutrale” entro il 2050, mediante un programma di riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Anche Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma, ha ascoltato le parole di quella che è diventata la prima donna Presidente della Commissione europea: «Ho sentito che sostanzialmente diceva di prendere atto della Brexit. Ma non bisogna prendere atto della Brexit, bensì capire perché è avvenuta e quanto la mancanza di attenzione alle singole richieste nazionali può portare all’implosione del progetto europeo. Io pensavo che la maggioranza che si sarebbe creata dopo le elezioni di fine maggio sarebbe stata capace di andare in questa direzione».



Invece ora ritiene che non andrà così?

Lo sospetto fortemente perché i Verdi sono stati lasciati fuori. Questo vuol dire che non ci sarà una lotta all’austerità. E questo a mio avviso è un pericolo mostruoso. Lo misureremo coi provvedimenti concreti, a partire già dall’autunno, in base a quanto verrà concesso all’Italia in termini di politiche fiscali.



La Commissione guidata da Ursula von der Leyen quindi non segnerà una discontinuità con il passato in termini di politiche economiche…

Lei non ha mai fatto della lotta all’austerità il suo cavallo di battaglia, come per esempio Timmermans. È sempre stata attenta alle questioni del bilancio in pareggio, con una rigidità forte. Le elezioni europee sono state contrassegnate dal grande successo di un movimento verde che si richiamava non solo a un’importante lotta per la sostenibilità ambientale, ma anche ai temi della dignità, delle pari opportunità e della lotta in questo nome all’austerità.



Sembra non sia stato possibile trovare un accordo per far avere alla Presidente anche il voto dei Verdi. Questo rappresenta un problema?

Non c’era assolutamente alcuna ragione di tenerli fuori da una coalizione o di portarli al punto di dire di non volere votare la von der Leyen, se non quella di ribadire un modello di sviluppo della società europea, che è a mio avviso incompatibile con la sua resilienza di lungo periodo.

Cosa intende dire?

Che se continuiamo con le politiche basate sulla mancanza di solidarietà creiamo una ricetta formidabile per il disastro. Di fatto si è scelto di fare a meno della parte più vitale, più giovane, più attenta alle problematiche della solidarietà, rappresentata dal partito dei Verdi, ancora prima dei sovranisti, che hanno sempre progetti discutibili riguardo l’uscita dall’euro: scartare i Verdi vuol dire scartare la lotta all’austerità.

Ursula von der Leyen ha però parlato di salario minimo, lotta ai cambiamenti climatici…

Guardi, qui c’è da parlare non di politiche europee, ma di come l’Europa si pone di fronte alle esigenze nazionali. Il problema in Europa è la mancanza di attenzione alle problematiche dei Paesi. È ovvio che in un’unione di diversi ci sarà sempre qualcuno che in un certo momento sarà in difficoltà e avrà bisogno di più aiuto degli altri. Allora dobbiamo dire chiaramente che tipo di solidarietà vogliamo dare a chi è in difficoltà, non che tipo di politiche strutturali, che possono andare bene o meno, vogliamo fare.

Quelle elencate dalla Presidente della Commissione non sono quindi vere priorità?

Il problema vero è come andare incontro al dolore della gente quando questa è una minoranza dell’unione. Le unioni si reggono sul rispetto per il più debole. Se non mettiamo al centro del dibattito europeo il tema della solidarietà di che unione parliamo? Di un’unione tecnica che fa le norme sul salario minimo? Cosa può fare un salario minimo in un momento in cui c’è un forte shock di disoccupazione? A chi lo si dà se non ci sono le aziende che creano occupazione? C’è bisogno di politiche per il lavoro in un momento di difficoltà. L’Europa dovrebbe dire all’Italia che può fare investimenti pubblici e che verrà aiutata in questo senza vincoli. Questa è una lotta all’austerità, è una lotta per la solidarietà, in assenza della quale l’Europa finirà pian piano per disfarsi.

C’è stato anche il voto favorevole del Movimento 5 Stelle alla von der Leyen. Cosa ne pensa?

Mi sembra che l’Europa stia mostrando una miopia straordinaria, resa ancora più evidente proprio dal fatto che la Presidente è stata votata anche da forze che in Italia sono al Governo, che l’austerità dicono a parole di volerla combattere, ma poi nei fatti cedono per qualche tozzo di pane.

In effetti recentemente c’è stata una correzione di bilancio per evitare la procedura d’infrazione.

Penso che l’Italia se l’è giocata molto male, con poco coraggio di chiamare il bluff della Commissione uscente. Ormai siamo entrati in una stagione contabilistica verso il bilancio in pareggio dopo aver inizialmente dato un segnale incoraggiante contro il Fiscal compact. Adesso si apre un’altra ase di negoziazioni con la nuova Commissione. Vedremo come andrà, anche se i segnali al momento sono negativi per il Paese.

Cosa ne pensa dell’ipotesi di anticipare la Legge di bilancio avanzata da Salvini?

Credo che non verrà anticipato nulla, tutto si svolgerà con i soliti ritmi. E poi non è tanto rilevante anticiparla di un mese o due, ma il suo contenuto: dove si trovano le risorse e come le si usano. E questo Governo, apparentemente partito bene, ha fallito miseramente su questi due aspetti.

Si aspetta una manovra come quella dell’anno scorso?

Diciamo che nell’anno passato inizialmente nutrivo una grande speranza dopo l’abbattimento del Fiscal compact e la non convergenza del bilancio in pareggio. Tuttavia le risorse ingenti che sono state trovate sono state buttate dalla finestra con il Reddito di cittadinanza e Quota 100: un risultato disastroso certificato dai numeri della crescita che non c’è stata, malgrado si fossero stanziate molte risorse. Purtroppo le politiche economiche più ovvie non si fanno. Non si fanno per colpa dell’Europa e per colpa dell’Italia.

Nella nuova Commissione si parla di un posto di rilievo per un italiano. Questo si può leggere come un segnale positivo?

L’importante è che questo commissario rappresenti, come tutti gli altri commissari, anche l’interesse nazionale e non abbia quella sorta di complesso di inferiorità tutto italiano per cui bisogna essere europeisti mentre gli altri possono rappresentare i propri interessi nazionali. Speriamo che ci sia una persona capace di rappresentare anche l’interesse nazionale perché è l’unico modo per tenere in vita l’Europa: se ogni Paese rappresenta i suoi stretti interessi nazionali si trova un equilibrio in cui si stemperano le tensioni.

(Lorenzo Torrisi)