MINNEAPOLIS – Chi ha vinto? Forse quando aprirete il giornale mercoledì mattina lo saprete. Io, qui in America in tarda serata ancora non so cosa dire.
435 seggi della Camera, 35 del Senato, 36 cadreghe da governatore ed una infinità di cariche istituzionali elettive. Il potere vero e proprio “up for grabs”, in palio.
Sono le 8 di sera e il quadro che i risultati sembrano offrire ha già cambiato colore più volte. Da (quasi) tutto a favore dei repubblicani a quasi tutto “blue”, democratico. And back, di nuovo rosso repubblicano. Di certo niente “onda rossa”, niente trionfo conservative. Di certo non un amore senza limiti per i democratici. Tutto sull’altalena, tutto incerto. I risultati sgocciolano il loro responso, lentamente, distretto per distretto con tutte le varianti di razza ed estrazione sociale che ogni angolo del Paese comporta. Per questo nessuno azzarda previsioni e le proiezioni sono afflitte da stitichezza.
Alla fine si arriverà ai risultati, lentamente ma inesorabilmente. Al di là dei seggi – parola di Biden – quel che oggi era in ballo era la “democrazia” stessa. Attraverso le interviste a chi si presentava ai seggi il Paese ha detto al Presidente che se veramente c’era in ballo la democrazia lui, il Presidente, ne proponeva l’interpretazione sbagliata. Oggi l’indice di gradimento di Biden è ai minimi storici. Il voto del Midterm è questo, ma anche tanto altro.
Mi piacerebbe poter scrivere e commentare avendo davanti un quadro preciso, definitivo – e lo faremo a tempo debito – ma le elezioni non funzionano così. Chissà quanto tempo ci vorrà per chiudere la questione. Mi immagino già il putiferio che si scatenerebbe se le varie vittorie sul territorio risultassero risicate. Conteggi, riconteggi, incroci per evitare il doppio voto … come abbiamo sperimentato in anni recenti in un Paese dove la gente tende per natura ed educazione a fidarsi. Almeno fino a qualche tempo fa. Stamattina quando sono andato a votare non mi hanno neanche chiesto un documento di identità. Mi sono presentato ad un desk, ho detto il mio cognome e via, si vota.
Ma andiamo con ordine (cronologico).
Alle 6:00 pm di questa “terra di mezzo” (Midwest) i primi seggi hanno chiuso. Parte il laborioso processo degli spogli. Troppo presto per il carosello delle proiezioni. Certamente però i pollsters, i sondaggisti, tastano il polso dei votanti sul punto centrale che pur non è oggetto diretto di voto. Come accennato, alla domanda sulla leadership del presidente Biden gli intervistatori incassano un netto segnale negativo. Pare che gli elettori di oggi fossero molto più preoccupati per l’inflazione che per il diritto di abortire. Ma basta questa disistima nei confronti del Presidente a capire come andrà a finire il voto del Midterm? Chi avrà in mano Camera e Senato dove le maggioranze numeriche attuali sono men che minime? Mi verrebbe da dire che questi precari equilibri resteranno gli stessi.
Un po’ alla volta si chiudono i seggi in giro per il Paese. Si chiudono in Georgia, uno degli Stati chiave, quelli dove le battaglie potranno determinare le sorti della guerra. Si chiude in Indiana, Kentucky, South Carolina, Vermont, Virginia, Florida e poi a seguire, un’ora più tardi, Arizona, Michigan, Pennsylvania, Wisconsin, Nevada, Stati probabilmente decisivi a ridisegnare la cartina del potere politico.
Guardo un po’ Cnn ed un po’ Fox. Ognuno si arrocca sui dati che sembrano dar speranza al proprio schieramento, tutto il mondo è paese, ma i numeri e l’aritmetica sono più forti di qualunque forzatura ideologica. E se all’alba delle nove e mezza di sera ancora è impossibile fare previsioni, mi vien da pensare che oggi più che mai, in questa sorta di equilibrio politico malato, bisogna che ognuno si metta all’opera chiunque sarà chiamato a rappresentarlo. Domani o dopo avremo i risultati, ma la mia responsabilità in ogni caso è sempre più decisiva.
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