Lascio ad altri l’analisi del voto tedesco. La certezza è che il Governo Scholz esce con le ossa rotte. Che a Est la retorica della russofobia non attacca. Che l’immigrazione di massa non è più tollerata. Che l’agenda green è stata rispedita al mittente. Tutte ottime notizie, quantomeno dal mio punto di vista. Ma al netto del turno in Brandeburgo del 22 settembre e del fatto che Olaf Scholz non si dimetterà nemmeno con le cannonate, vi invito a guardare questo grafico:
l’Europa ha distrutto l’industria europea. E per Europa, ovviamente, intendo l’UE con le sue legislazioni folli, la burocrazia, l’ideologia, il lassismo, il centralismo. E il buonismo peloso, interessato e per conto terzi. Il grafico parla chiaro. Nel 2000, ogni azienda USA di un certo livello doveva confrontarsi con una controparte europea in grado di concorrere. E spesso vincere, eccellendo. Quasi sempre tedesca o francese. A volte italiana. Guardate da quando l’UE è divenuta soggetto legiferante, prioritario e di riferimento per i vari Paesi e i relativi comparti produttivi: il deserto. Oggi non solo gli USA ci mangiano in testa. Ma la stessa Cina ci ha chiaramente superato. Non siamo più controparte. Non siamo più concorrenziali.
Che dite, gli europei nell’arco di 25 anni hanno perso talento, innovazione, capacità di ricerca ed elaborazione? O qualcuno ha deciso che occorreva fargli correre i 100 metri con i pesi alle caviglie? L’UE è mai stata strumento di sviluppo europeo o solamente mezzo con cui gli Stati Uniti hanno perseguito sul lungo termine i loro fini, utilizzando il ricatto atlantico come cavallo di Troia? Vogliamo capirlo che l’Ucraina rappresenta il Rubicone di questo processo di impoverimento e de-industrializzazione terminale e chi continua con la retorica delle armi e delle sanzioni gioca per la squadra ospite? Vogliamo capirlo che, una volta persa del tutto la leva energetica garantita dall’approvvigionamento a basso costo e senza interruzioni dalla Russia, le nostre imprese sono destinate all’estinzione o alla morte per cannibalizzazione estera? Volete capirlo che l’immigrazione di massa ha garantito un dumping salariale devastante e un downgrade qualitativo e produttivo enorme, nonostante muovere una simile argomentazione porti automaticamente con sé l’accusa di razzismo?
La logica dell’esercito industriale di riserva è servita a questo. Punto. Oltre a devastare interi stati sociali – basta vedere l’ultimo rapporto del governo britannico, relativo a costi/benefici fra tasse pagate e servizi erogati a livello di immigrazione (e non cittadini britannici di etnia non caucasica) – e la sicurezza e vivibilità (entrambe precipitate) delle aree urbane. Sono realtà scomode, certo. Ma sono realtà. Come quella rappresentata in quel grafico. Hanno generato un deserto e lo hanno chiamato Europa. O l’attuale UE viene presa e smontata, mandando al macero diplomazia e dialogo e utilizzando un sacrosanto spirito di disarticolazione del Leviatano per distruggerlo dall’interno, oppure mettiamoci l’anima in pace.
Il futuro è quello di colonialismo economico. L’Europa servirà per delocalizzare, stante logiche salariali bellamente compresse al ribasso che consentiranno alle multinazionali USA di operare al risparmio. Andate a vedere la paga media oraria negli USA, dove comunque il nero in certe aree è ormai strutturale, grazie alle varie carovane umanitarie sponsorizzate dai Dem che garantiscono schiavi in California e Texas. L’Europa sarà il nuovo Messico della corporate America. Così come è stata l’utile idiota di sanzioni che gli americani si sono ben guardati dal mettere in pratica, sia contro la Cina che contro la Russia. Fatto 100 quanto preclusosi dall’Europa, Washington arriva forse a 20. E con l’economia russa che sta vivendo uno dei suoi momenti più floridi dalla caduta dell’URSS. Così come è stata il cliente che compra la merce a occhi chiusi e firma contratti e assegni in bianco per il Big Pharma vaccinale, salvo dover distruggere o spedire in Africa le scorte in eccesso e ormai in scadenza.
Ma quando la responsabile di quegli atti da codice penale (lo dice la Corte UE) si vede accordato un secondo mandato, cosa volete che possa cambiare? Forse è giunto il momento di una svolta chiara verso una di queste due direzioni. O si accetta questa deriva, cercando di guadagnare il più possibile – o perdere il meno possibile. Oppure si comincia a punire elettoralmente chi a Bruxelles opera – di fatto – per conto terzi e per procura. Occorre diventare davvero europei. Occorre seguire l’attività dell’Europarlamento con attenzione maniacale, visto che ormai le decisioni vengo prese da quelle parti. Palazzo Chigi è una dependance. E denunciare con tutta la forza possibile ogni atto che venga compiuto, redatto o vidimato con il voto a detrimento dell’economia, della stabilità e della prosperità dell’Europa. Con nomi e cognomi. E, ovviamente, partiti di appartenenza.
Perché parliamoci chiaro: l’Italia è obbligata a stare nell’UE dal ruolo di salva-debito della BCE. Con 3.000 miliardi di stock e 400 miliardi all’anno da rifinanziare, lo spread e il suo ricatto sono sempre dietro l’angolo. Ma ora temo che questo grafico ci mostri la red line che stiamo per superare: quel tipo di devastazione industriale ed economica, di fatto, impone un costo ben superiore anche al beneficio dello scudo che l’Eurotower garantisce ai rendimenti dei BTP.
Occorre cominciare a ragionare su quanto, realmente, a chi detiene all’estero il nostro debito convenga davvero un altro 2011. Perché adesso l’asse renano è saltato. La Francia è ridotta peggio di noi. Molto peggio. E la Germania sta affrontando la peggior crisi sistemica e strutturale dalla caduta del Muro. Davvero le loro banche possono permettersi lo shock che un potenziale default italiano può generare su livelli di VaR e Level 3 esotici? Forse converrebbe cominciare a tastare il terreno del bluff europeo. A partire dal Patto di stabilità. Ma ci vorrebbe un governo con gli attributi. E non una coalizione strapiena di agenti sotto copertura del nemico.
Riguardate quel grafico. Almeno una volta al giorno. Stampatelo. E attaccatelo sul frigorifero di casa. Sullo specchio del bagno. Nella bacheca al lavoro, a scuola o in università. Perché siamo a un passo dal non ritorno. Ma quello reale. Non quello del catastrofismo di basso cabotaggio e acchiappa-like sui social. Chiedetevi il perché di certe posizioni e di certe scelte post-9 giugno. E poi chiedetene conto. Perché cornuto può capitare a tutti. Ma anche mazziato, no.
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