NOMINE RAI, L’ACCORDO M5S-GOVERNO ‘ESCLUDE’ IL PD: IL J’ACCUSE DI ANZALDI

Le nomine Rai proposte dall’ad Roberto Sergio sono passate con voti risicati e con la spaccatura del Cda: alla fine però, nonostante il voto contro della Presidente Marinella Soldi e dei membri Pd, la maggioranza ha retto. Secondo l’ex consigliere Rai Michele Anzaldi (già Pd, oggi Italia Viva) le nomine sono passate solo grazie al voto ‘favorevole’ del Movimento 5Stelle: «Se il M5s avesse votato contro, o non passava o passava per lo 0,6 aprendo, però a possibili ricorsi, discussioni e comunque aprendo a un precedente mai avvenuto nella storia della Rai. Ma soprattutto non ci sarebbe mai stata la maggioranza in consiglio».



Lo ha spiegato lo stesso Anzaldi nell’intervista a Mowmag.com, attaccando così la scelta del consigliere Alessandro De Majo, in quota M5s: le nomine di Chiocci al Tg1, Preziosi al Tg2 e conferma Orfeo al Tg3 (più tutti i nomi per “generi” e intrattenimento) sono stati votate contro da Soldi, dalla consigliera Pd Bria e dal consigliere eletto dai dipendenti Riccardo Laganà. De Majo si è astenuto garantendo così i 3 voti favorevoli dell’ad Sergio e dei consiglieri Simona Agnes e Igor De Biasio: la legge prevede che per bocciare le nomine dei direttori in Rai sono necessari i due terzi dei voti. Così non è avvenuto e secondo Anzaldi è stato possibile solo con un accordo tra le forze di Meloni e quelle di Conte: «Tutti strillano contro il centrodestra perché non hanno fatto i conti. La situazione è questa, numeri alla mano. Ma bisogna ricordare che il governo guidato da Giorgia Meloni fa quello che ogni governo ha sempre fatto con la Rai, il problema è l’opposizione che non fa l’opposizione».



ANZALDI: “M5S DOVEVA APRIRE IL PARLAMENTO COME UNA SCATOLETTA DI TONNO E INVECE…”

Secondo l’ex dem, la scelta del M5s arriva direttamente dalla presidenza della commissione di vigilanza Rai ottenuta dalla grillina doc Barbara Floridia: «Per questo è ancora più grave, perché l’organo di massimo controllo è diventato l’espressione di quel partito che ha trattato», attacca ancora Anzaldi che denuncia la trattativa intavolata tra Centrodestra di Meloni e M5s di Conte. «Questo tipo di atteggiamento lascia sola l’altra parte di opposizione. Per esempio il Pd ha votato no e quindi rischia, di fronte alle scelte dell’amministratore delegato, di non avere nulla». Secondo la logica denunciata da Anzaldi, a questo punto chiaramente, dice, «sarà più disponibile a concedere qualcosa a chi lo ha aiutato. Ma in questo modo viene indebolita tutta l’opposizione», rileva ancora l’ex consigliere.



Ma se il Governo ha fatto quello che tutti gli altri governi hanno sempre fatto per le nomine Rai, il tema è la scelta e comportamento del M5s: «Dovevano aprire il Parlamento “come una scatoletta di tonno” e ora hanno fatto passare un pacchetto di nomine tutto legato al centrodestra, con una direzione tutta al maschile, e così sembrano aver rinnegato i loro valori. […] Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano Roberto Fico o Barbara Lezzi che in passato si sono battuti contro queste logiche». Dopo le polemiche per il voto sule nomine Rai, ha risposto indirettamente in una nota lo stesso De Majo: «Le scelte di oggi esprimono con chiarezza la linea rispetto al nuovo corso dell’azienda: il bilanciamento tra voti favorevoli e astensioni sta ad indicare che non si intende firmare nessuna cambiale in bianco; le singole decisioni dei nuovi vertici saranno valutate volta per volta in base ai principi di pluralismo, inclusione, equilibrio di genere». Nessuna preclusione, dice il consigliere in quota M5s nella nota, «rispetto alla possibilità di poter condividere singole specifiche scelte, ma allo stesso tempo nessuno sconto su una attenta valutazione nel merito di ciascuna di esse». È poi anche il M5s in commissione Vigilanza Rai a rispondere agli attacchi fatti da Anzaldi e altri sui giornali: «Quanto riportato da alcuni giornali sul fatto che il voto di astensione in Cda del consigliere Di Majo avrebbe sbloccato la partita del centrodestra sulle nomine Rai non è corretto. È utile specificare che il suo voto di astensione non ha avuto alcun peso diretto sulle decisioni assunte oggi e anche se avesse votato no, non sarebbe cambiato nulla perché per bloccare le nomine sarebbero serviti almeno 5 voti contrari. La sua astensione – concludono i 5stelle – è peraltro in piena linea con il voto espresso nel precedente CdA sul nuovo amministratore delegato, ed esprime evidentemente la volontà di evitare uno scontro a priori pregiudizievole per l’azienda e valutare le prossime mosse dell’attuale governance e in generale del governo. Come Movimento 5 Stelle li attendiamo al banco di prova delle prossime scelte aziendali e soprattutto sulla prospettiva di una vera riforma del servizio pubblico»