A volte tornano. Sono i voucher per i settori dell’agricoltura, del comparto Horeca (hotellerie-restaurant-café), della cura della persona, dei lavori domestici. Varati circa vent’anni fa (legge Biagi), andati a regime nel 2008 (Berlusconi IV), e infine soppressi nel 2017 (governo Gentiloni), e sull’onda di una feroce campagna della Cgil, e poi drasticamente rivisti al ribasso, e così di fatto non più utilizzati, adesso ricompaiono con la nuova legge di bilancio, la prima finanziaria del governo Meloni. Saranno spendibili dall’1 gennaio del 2023, con un tetto fissato a 10 mila euro lordi all’anno per ogni utilizzatore-datore (il doppio di quant’era previsto dal Decreto dignità), con valore di 10 euro lordi cadauno (7,5 netti), e con un limite di 2 mila e 500 euro che ogni lavoratore potrà percepire dallo stesso utilizzatore.
I “buoni-lavoro” sono di fatto strumenti di pagamento per prestazioni occasionali o saltuarie (compresa la stagionalità per molte occupazioni nel turismo), rimessi adesso in vigore quali strumenti di regolarizzazione, anti lavoro nero, una decisione che fonda anche sul successo registrato dalla nascita fino al 2017: 433 milioni di buoni venduti, all’epoca esentasse e senza tetti di utilizzo prefissati per i datori. Finalità ovviamente condivisibili, così come, però, sono ben comprensibili anche le dure critiche dei sindacati, che da sempre vedono i buoni quali denari legali per lavori illegali, o quantomeno per precariati diffusi. Si teme insomma che nei settori a voucher consentiti il lavoro contrattualizzato (anche a termine) venga sostituito dai buoni, che porterebbero appunto alla standardizzazione e alla cronicità del precariato. I voucher erano stati soppressi proprio in seguito alle ispezioni sui posti di lavoro, che dimostrarono un uso diffusamente distorto dello strumento, perfino un perdurare di situazioni sommerse, pronte ad emergere tramite voucher solo nel caso di ispezioni.
Il ripristino dei voucher sta oggi registrando reazioni diverse. Positive in Confesercenti, che li definisce “strumenti semplici ed utili”, pur richiamando attenzione sulla necessità di evitare eventuali abusi. Positive anche in Coldiretti, che invoca sempre più semplificazione burocratica, e in Confagricoltura. Sostanzialmente buona l’accoglienza anche per Federturismo, sempre alle prese con la difficile carenza di personale in stagione. Diametralmente opposte le posizioni dei sindacati, che anche stavolta mettono in guardia dall’utilizzo dei buoni pensati per lavori occasionali quali retribuzioni per occupazioni invece continuative. Per di più senza dare modo ai voucheristi di accedere agli istituti previsti con i contratti collettivi di lavoro, come Tfr, ferie, tredicesima… In sostanza, si imputa al legislatore di prendere strade facili e comode, nonostante le insidie, pur di non affrontare davvero la regimentazione del mercato del lavoro, strozzato tra il cuneo fiscale tra i più alti del mondo e le retribuzioni tra le più basse d’Europa. I voucher come scorciatoia, insomma, con buona pace di qualsiasi precariato strisciante.
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