Dove sarà la prossima eruzione? Quale vulcano, prima degli altri, esploderà in tutta la sua furia? Nessuno è in grado di dirlo con certezza. Prevedere la catastrofe quando si tratta di fenomeni tellurici o vulcanici non è ancora nelle disponibilità dell’uomo. Ma è l’avverbio “ancora” la parola chiave, soprattutto alla luce dello studio multidisciplinare condotto sui Campi Flegrei che, combinando la fisica e la geologia dei vulcani a modelli statistici, potrebbe essere in grado di prevedere se non “quando” un’eruzione si verificherà, quanto meno “dove”. Cosa vorrebbe dire? Significherebbe riuscire a prevedere in anticipo i rischi corsi dalle persone che si trovano in pericolo, dove cadranno i lapilli o dove si dirigerà la lava, se verso centri abitati o in zone disabitate. Il merito di questo possibile passo avanti è da attribuire ad un team multidisciplinare guidato da Eleonora Rivalta del Centro di ricerca sulle Geoscienze di Potsdam – la ricerca è stata pubblicata su Science Advance – con la collaborazione di geologi e statistici dell’Università Roma Tre, della King Abdullah University of Science and Technology dell’Arabia Saudita e dell’Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia.



VULCANI, ANTICIPATA ERUZIONE 1538

Il modello di previsione sulle eruzioni vulcaniche è stato testato sulla caldera dei Campi Flegrei, a ovest di Napoli, nel golfo di Pozzuoli, costellata di decine di bocche eruttive, di cui 80 hanno eruttato negli ultimi 15mila anni. Rispetto a ciò che siamo normalmente portati a pensare, e cioè che la lava esca dalla bocca principale del vulcano, spesso e volentieri le eruzioni avvengono anche dai fianchi, aprendo nuovi condotti e nuove bocche. Lo studio della caldera dei Campi Flegrei, come sottolinea La Repubblica, ha messo in mostra che ognuna di queste bocche è stata usata per le eruzioni una volta sola: segno che la prossima fuoriuscita avverrà da un altro condotto. Qui però sorge un problema, spiega Eleonora Rivalta:”Solo alcune decine di condotti sono visibili sulla superficie perché le eruzioni tendono a coprire od obliterare gli eventi precedenti. Quindi per quanto matematicamente sofisticati possano essere i calcoli, la scarsità di dati porta a mappe grossolane, con un alto grado di incertezza. Inoltre la dinamica di un vulcano può cambiare nel corso del tempo”.



VULCANI, STUDIO PREVEDE PROSSIMA ERUZIONE?

Ma che il modello messo a punto sulla caldera dei Campi Flegrei abbia il suo perché lo si evince da un risultato eccezionale: il team di scienziati, sottraendo dalle statistiche date in pasto al modello l’evento di Monte Nuovo, dove avvenne l’eruzione del 1538, ha ottenuto dalla mappe di rischio un’indicazione come luogo di probabile apertura di una nuova bocca. Insomma: l’eruzione del 1538, con gli strumenti attuali, sarebbe stata prevista. Mauro Di Vito, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv, spiega:”Ogni vulcano ha un comportamento e caratteristiche diverse di alimentazione, storia passata: su questi parametri fondamentali il nostro modello lavora per riprodurre quello che è successo nel passato. La statistica serve a irrobustire i dati e controllare la validità. Questo ci permette di trovare i punti di probabile apertura di bocche e creare mappe con una probabilità associata. Per quanto riguarda la caldera di Pozzuoli, l’indagine andrà estesa anche alla baia, che conosciamo meno, per creare una mappa di rischio più precisa”. Eleonora Rivalta conclude:”La parte più difficile è stata formulare il metodo in modo tale che funzioni per tutti i vulcani e non solo uno generalizzato. Faremo ancora test. Se il nostro modello funziona bene anche su altri vulcani potrà aiutare la pianificazione dell’uso del suolo nelle aree vulcaniche e a prevedere il luogo di future eruzioni con la precisione più alta mai avuta”.

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