WADA, NUOVE REGOLE ANTIDOPING: PIU’ TOLLERANZA VERSO LA DROGA
Nuove regole che ci lasciano veramente increduli e sdegnati (per usare un eufemismo) quelle promosse dalla Wada e rese valide a partire dal 1 gennaio per quanto riguarda il rapporto atleti doping e droga. Come riportato dai colleghi di Repubblica, a partire dallo scorso 1 gennaio, secondo le nuove modifiche approntate dall’organizzazione mondiale, un atleta di qualsiasi disciplina sportiva, risultato positivo a un controllo antidoping per uso di droga (ad esempio cocaina, cannabis, ecstasy e eroina), rischia una squalifica di appena tre mesi, che potrebbero anche venir ridotti ad appena 30 giorni nel caso in cui lo stesso atleta dimostri di essersi pentito e di prendere parte a un percorso riabilitativo. L’importante che tale assunzione, risulti essere a scopo essenzialmente “ricreativo” e non alteri in alcun modo il risultato della competizione. Una mossa dunque davvero scioccante da parte della Wada, che pure non è arrivata troppo a sorpresa, considerato che sono almeno due anni che l’agenzia mondiale antidoping sta lavorando su questo tema, su cui già nell’agosto scorso erano filtrate le prime indiscrezioni. Dopo tante discussioni ecco però quello che pare un via libera all’ingresso delle droghe “ricreative” nel mondo dello sport, un mondo che invece dovrebbe essere da esempio nella lotta contro le sostanze stupefacenti.
WADA, LA SALUTE DELL’ATLETA SACRIFICATA AL RISULTATO?
Vediamo però ora nel dettaglio che cosa prevedono queste nuove norme diramate della Wada che paiono dunque aver dato il via libera all’ingresso delle droghe anche nel mondo dello sport. Come ben ci spiegano i colleghi di Repubblica, la Wada ha deciso di accorciare e non poco le squalifiche per gli atletici beccati a usare droghe al di fuori della competizione sportiva (l’intervallo va dalla mezzanotte del giorni della gara fino al termine della competizione stessa): si parla dunque di tre mesi per sostanze come cocaina, ecstasy e MDMA, con possibile nuova riduzione a 30 giorni. Nulla dunque rispetto ai 4 anni (ridotti a due se l’illecito è stato commesso lontano dal contesto sportivo) prima assegnati dall’agenzia di lotta al doping, a cui pare interessare ormai solo il risultato sportivo e non tanto la salute degli atleti. E’ la prima impressione che ricaviamo dalle nuove regole della Wada ed è pure posizione espressa dall’avvocato Antonio De Rensis, chiamato in causa da Repubblica, che ha affermato: “Alla Wada evidentemente interessa solo il risultato in gara: non la salute dell’atleta, e soprattutto l’ esempio che quell’atleta può dare a tutti, in particolare ai giovani”. Le parole ci appaiono più che mai condivisibili: un mondo come quello dello sport che dovrebbe fornire esempi positivi ai giovani e ai ragazzi (ma non solo), apre invece all’ingresso della droga: basta solo salvaguardare il risultato sportivo, senza che la salute dello stesso atleta venga più messa al centro. In attesa di vedere poi come queste nuove norme della Wada verranno immesse in un contesto reale, per capire la gravità della nuova posizione dell’Agenzia Antidoping ci basti un esempio del passato. Ricordiamo infatti tutti la riscontata positivo alla cocaina di Diego Armando Maradona, al termine di un Napoli-Bari, giocata nel marzo del 1991. Il campione argentino, recentemente scomparso, fu “beccato”al controllo antidoping e trovato nuovamente positivo nelle controanalisi venne condannato a lunghissima squalifica: con le nuove regole probabilmente non avrebbe perso più di 4 o 5 partite.