Walter Biot avrà un doppio processo. Dalle motivazioni della sentenza con cui a settembre era stato respinto il suo ricorso si apprende il motivo. Per la Cassazione i reati militari contestati all’ufficiale di fregata “non hanno identico ambito di applicazione rispetto a quelli ordinari anche oggetto di contestazione“. Quindi, il fatto è lo stesso, cioè aver venduto documenti riservati alle spie russe in cambio di 5mila euro, ma i processi sono due. Tenendo conto dell’articolo 257 del codice penale e dell’articolo 88 del codice penale militare, le due norme non sono sovrapponibili. Infatti, i giudici nelle motivazioni evidenziano che “la norma del codice penale ordinario prevede un perimetro di maggiore ampiezza rispetto a quello contemplato dalla norma militare“. Quindi, il reato è unico, ma ha due finalità, una politica e l’altra militare. Questo rende possibile un doppio processo, perché ci sono aspetti di cui si occupa la procura penale che però non rientrano nelle competenze dei colleghi che si occupano di reati militari.
Per i giudici Walter Biot non ha avuto quella condotta “al solo fine di spionaggio militare“. Le sue azioni sono “poste in essere anche per finalità politiche con conseguente esclusione della definizione dei rapporti tra norme della possibilità di collegarli alla categoria della lex speciali che prevarrebbe su quella generale fissata dal codice penale ordinario“, precisa la Cassazione. I giudici, dunque, non credono che il diritto di difesa di Walter Biot sia stato leso.
CASSAZIONE “NON LESO DIRITTO DI DIFESA”
La questione era emersa quando l’avvocato Roberto De Vita aveva sottolineato che non tutte le prove contro il suo assistito sarebbero state consegnate. Ma in virtù della segretezza di alcune informazioni vendute ai russi dal militare, il corpo del reato non è stato messo a disposizione né della difesa né dell’accusa. L’intera vicenda si basa sul fatto che quei documenti erano appunto segreti e non potevano essere divulgati. La difesa è, quindi, insorta contro tale decisione, ma la Cassazione ha chiarito che “l’idea che Biot avesse consegnato al diplomatico russo documenti non coperti da segreto, nel giudizio espresso dal Tribunale, risultava ipotesi remota e priva di ogni sostegno concreto“. Pertanto, non sarebbe stato leso il diritto di difesa. Inoltre, sarebbero legittime anche le telecamere installate nell’ufficio di Walter Biot, in quanto le norme dello Stato dei lavoratori che tutelano la loro riservatezza “non proibiscono i cosiddetti controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano, pertanto, l’esistenza di un divieto probatorio“.
IL LEGALE DI WALTER BIOT “RISCHIA DUE ERGASTOLI”
La Cassazione ritiene adeguata anche la custodia in carcere, perché Walter Biot potrebbe inquinare le prove. Negli atti, di cui AdnKronos riporta gli stralci, i giudici scrivono che “aveva intrapreso una serie di contatti con l’agente diplomatico russo, Ostroukhov, mediante canali certamente sofisticati e occulti, non essendo stato registrato quel giorno nessun tipo di collegamento prodromico all’incontro tra i due soggetti“. Ciò per la Cassazione “è apparso anche rilevante sulla possibilità di inquinamento probatorio e pur alla luce della circostanza che il diplomatico russo era stato espulso dall’Italia, come affermato dalla difesa, ben potendo essere sostituto da altri con analoghe funzioni“. Di parere diverso è Roberto De Vita, secondo cui “nessun imputato deve subire due processi per lo stesso fatto, è un principio di civiltà giuridica“. Per il legale di Walter Biot, la Cassazione il 31 maggio “dovrà risolvere il conflitto di giurisdizione e scongiurare il rischio di due condanne all’ergastolo per il medesimo fatto“.