Potevo dedicare questa playlist pasquale a Easter di Patti Smith. Oppure a una delle tante canzoni rock intitolate “Resurrection” (su Lyricsmania sono oltre 150, peccato che la maggior parte di queste sia di band di black metal o di odore blasfemo).
Invece preferisco alzare il velo su un nome ignoto, quello di David Crowder. Alto, magro, spesso con il capello lungo e la barba da intellettuale del samiszdat, Crowder ha trentacinque anni. È texano e calca i palchi americani dal ’95, quando iscrivendosi alla Baylor University di Waco, celebre college cristiano del Texas, si rese conto che la gran parte degli studenti era assolutamente agnostica, se non dichiaratamente atea.
David veniva da Texarcana e suonava la chitarra. Come prima cosa mise in piedi un gruppo di preghiera e di dialogo religioso, ma ci mise un paio di anni a capire che il metodo migliore per convincere i suoi compagni di studi a confrontarsi con la religione dei padri era la musica rock. Così mise su una band, una cosa che negli States fanno tutti, pure i seminaristi, i marines e i bibliotecari.
Nel giro di due anni la David Crowder Band aveva già inciso il suo primo cd indipendente, un piccolo best seller che creò un seguito ben oltre il college e ben oltre lo Stato della stella solitaria. David si esibì a New York per la prima volta nel 1999, l’anno del secondo cd, “All you can say” e nello stesso anno siglò un contratto per un’importante etichetta discografica. Nel 2002, all’uscita di “Can you hear us”, la Crowder band si era già creata la fama di una delle migliori band di christian rock del panorama americano.
Christian rock, rock cristiano: definizione orribile anche perché comprende miriadi di sottogeneri, influenze, musicisti, provenienze, spesso anche autentici pataracchi a misura e consumo dei predicatori televisivi. Ma nel genere ci sono pure cose notevoli, come i Sixpence none the richer o i Creed, interessanti contaminatori di generi e stili, cantori di un cristianesimo a stelle e strisce con il sottofondo di chitarre e batterie.
Nel caso di David il genere di riferimento è il rock introspettivo della Dave Matthews band, con ampie chitarre e strofe sottovoce, grandi crescendi, atteggiamento spoglio e sincero.
In "Can your hear us" David ci ha piazzato un’interpretazione magistrale, quella di All creatures of our God and King, che altro non è che il cantico di San Francesco, così come riarrangiato e trascritto nel 1919 dal vicario anglicano William Draper:
Ogni creatura del nostro Dio e Re
Elevi la sua voce e con noi canti
Oh, pregatelo
Alleluia
Tutti preghino il nostro Signore, intona David con le parole di Francesco, il sole, la luna d’argento, il vento, le nuvole, anche le luci della sera che “troveranno una voce”. Insieme a David suona un bel gruppo di musicisti, tutti texani, tra cui il chitarrista Jack Parker e il violinista Mike Hogan, che sono in pista dai primi giorni dell’avventura di Crowder.
Pregate, pregate il Padre, pregate il Figlio
E pregate lo Spirito, tre in Uno
Pregatelo
Alleluia
È la parola pasquale, alleluia. Forse è per questa sua semplicità che volevo segnalarla in questi giorni festivi. Un inno di semplicità diretta, quasi dimessa, che nell’esecuzione di questa band emerge in tutta la sua forza.
Mi ha colpito dalla prima volta che l’ho ascoltato, David Crowder, per questo suo essere immediato, senza sfarzi, interprete di un mondo giovanile zeppo di dubbi e bisognoso di tornare a casa e mettersi a dire alleluia come fosse il primo respiro profondo dopo anni di dubbi, fatiche, dolori, stanchezze, incomprensioni, delusioni.
Un piccolo regalo per tutti coloro che cercano di dire "grazie" nel giorno, unico, della Resurrezione.