C’è stato un momento, negli anni 90, in cui il Portogallo ha goduto, in Italia, di un successo inatteso: era diventato estremamente trendy andare a Lisbona, leggere “Sostiene Pereira” e farsi una cultura sulle tradizioni lusitane. Di colpo i navigatori portoghesi erano diventati simbolo omerico di eterna ricerca, le spiagge di Albufeira le migliori d’Europa e la vita notturna della capitale era diventata meglio della movida madrilena. Insomma: il Portogallo era diventato di moda. Merito (o condanna) di questa tendenzialità, i Madredeus erano diventati un successo mondiale. Sto parlando di una band che amalgamava con delicatezza e precisione elementi della tradizione, impianto classico, suggestioni religiose e perdizione fado, tutti elementi che avrebbero portato chiunque a rimanere nella nicchia del superculto, ma che per un insieme bislacco di motivi (che non per niente abbiamo chiamato “tendenza”) in quel preciso momento di “voglia di portoguesità” portò i Madredeus ad essere famosissimi ed amati.
In Italia, poi, questa formazione che aveva in Teresa Salgueiro il suo volto e la sua voce, ha toccato punte di autentica sovraesposizione. Nel disco più bello dei Madredeus, “‘O Paradiso”, c’è una canzone da brividi per intensità, per interpretazione, per sguardo, Carta para ti, Lettera per te. Canzone d’amore firmata dal chitarrista José Peixoto: l’innamorato attende il ritorno dell’altro, che se n’è andato. Dove e perché? Non è dato sapere. Tornerà? Neppure questo si svela. La canzone è un po’ come la vita: solo i giorni che passano portano le risposte:
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Sto qui
Per te
Come sono
Qui aspetto
Mi dispero
Com’ero
Io rimango quello che ero
E’ stato così
Che il tempo è passato
Fu sentire il tuo sguardo
Per me rimane quello che mi ha chiamato
Così ero
Per te
Come sono
Si diceva delle mille influenze che ognuno può trovare nell’esperienza artistica dei Madredeus: il fado è sicuramente tra queste. Dopo averlo sfiorato giornalisticamente mille volte, il fado mi si è presentato al Meeting 2008 sotto le spoglie di Marco Poeta, uno dei musicisti più completi che ho mai avuto l’occasione di incontrare. E’ lui che mi ha svelato un segreto, ovvio per chi lo sa riconoscere: fado significa destino (dal latino fatum). Mi diceva Poeta: “Tutto nel fado e nell’anima portoghese ruota attorno ai temi del destino, del dolore inteso come sofferenza eterna e della mancanza di quel tutto per cui siamo fatti”.
In questa canzone il fado soffia forte soprattutto nell’ultima impressionante strofa:
Sto qui
Nel desiderio
Di quello che ho visto
Di quello che vedo
Voglio sapere di te
Per tornare a vedere in me
Quello che ho visto
E non dimenticherò
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Cosa ci tocca davvero nell’amore? Chi ci crea o ci ricrea in quell’atto infinito che è l’amore? La voce di Teresa Salguero, bella come una statua della Madonna, ce lo dice: un altro ci crea, un Altro ci crea in quell’immensità d’amore che ci fa vedere quello che siamo veramente. E poi? Quando è accaduto, cosa facciamo? Attendiamo che riaccada…
Sto qui
Nel desiderio
Di quello che ho visto
Di quello che vedo
Sto qui
Per te
Come sono