Succede anche che dopo oltre trent’anni di carriera uno arrivi a incidere qualcosa di supremo, di definitivo. Forse (dubitativo obbligato) è il caso di Lucinda Williams, rockeuse della Louisiana con un’importante carriera come autrice, nome che ha fortemente influenzato con dieci dischi di alterna fortuna (tra cui i convincenti Car Wheels on a Gravel Road ed Essence) l’ambiente dei songwriter di mezza America. Trapiantata da decenni in Texas, Lucinda ha appena inciso Blessed, un cd davvero potente e convincente, forte di quel suono roots che è del miglior country e di Tom Petty, sincero e direttamente in linea con il sentire della grande cultura letteraria degli States.
Radicata nella cultura del Sud, Lucinda è donna di estrema positività umana e di tradizionale graffiante spirito religioso (questo fin dalle canzoni tese dell’esordio di Ramblin, nel 1979, disco di blues e gospel, con una stupenda You’re Gonna Need That Pure Religion) e infatti tutti quelli che negli ultimi due decenni scrivono canzoni americane di forte e intenso impatto umano la citano come propria madrina più o meno dichiarata. Questa volta nel suo nuovo disco, Lucinda ha inserito un blues lento, di enorme carica emotiva, Born to be loved, una canzone che dice cose che da tempo non si sentono, voce di una saggezza che pareva persa e di una cultura che sembra cancellata dai dubbi del tempo presente.
Noi sei nato per essere abbandonato
Non sei nato per essere ignorato
Sei nato per essere amato
Non sei nato per essere maltrattato
Non sei nato per essere fuorviato
Sei nato per essere amato
Da sempre affascinata dalle storie dei derelitti e dei sofferenti, forse seguendo la strada di Tom Waits e di Vic Chesnutt (il cantautore morto suicida a cui Lucinda ha anche dedicato una famosa canzone), la Williams mette in questo blues un sentimento di rispetto verso i dolori incancellabili di bambini e donne, di malati e feriti, di abbandonati e di violentati. Ma quel che mi ha lasciato senza parole, è che l’ultima parola non è di morte, non è di rabbia o disperazione, ma di dignità. Anzi, di più, di certezza ontologica: siamo fatti per qualcosa d’altro. Nulla potrà mai certificare in noi un’ultima parola disperata.
Non sei nato per essere uno schiavo
Non sei nato per vivere in disgrazia
Sei nato per essere amato
Il blues si chiude senza aggiunte strumentali, senza modifiche della struttura del pezzo. Esiste già su youtube una bella versione di questa canzone in cui Lucinda è accompagnata da una band essenziale, con un bel contrabbasso in evidenza. La confezione del suono è perfetta, semplice e pastosa, piattaforma sonora di una voce strana e insolita (la Williams è roca, canta svagata e sempre un po’ distante, come se non si prendesse mai troppo sul serio….): Born to be loved, apparentemente monotona, mi ha afferrato dal primo ascolto: non ricordo di aver sentito parole così franche, pietre miliari in un periodo così complesso di vite planetarie così instabili. Come a dire: io l’ho scritta e ora ve la canto. Sta a voi, adesso, farne qualcosa….
Non sei nato per soffrire
Non sei nato per il nulla
Sei nato per essere amato