In tempo di allerta virus, parliamo di sorveglianza. Sono solo una dozzina il numero di telecamere di cui si avvalgono gli arbitri di calcio per controllare eventuali irregolarità che possono sfuggire all’occhio nudo.
Poche, in confronto a quelle che il calciatore argentino Mauro Icardi ha dentro casa sua: 43. I dispositivi di sorveglianza sono stati voluti dalla moglie Wanda Nara, allo scopo di monitorare i figli. La showgirl infatti vive a Milano coi suoi 5 pargoli, ma lavora a Roma allo studio del GF Vip e quando può vola a Parigi dal marito arruolato nel Paris Sant-Germain. La mamma ha optato per un così elevato numero di telecamere allo scopo duplice: sorvegliare i figli durante l’assenza e condividere pezzi della loro vita, altrimenti “andati persi” causa troppi impegni.
In pratica, ha bissato una formula che ha trovato congeniale: Grande Fratello sul lavoro e poi in versione famiglia. Quando si dice “il lavoro ti insegue anche a casa”.
Tanto per cominciare, a me ha colpito il numero degli aggeggi. Quarantatré.
Io se le istallassi tutte a casa mia, ne avrei una ogni due metri quadrati: praticamente mi filmerei da ogni angolazione possibile e di certo senza angoli morti. Per aver bisogno di quarantatré telecamere devi vivere in uno stadio.
Poi, queste riprese vanno viste su di un monitor. Di certo, non può essere quello piccolo di un telefonino, per large-screen che sia. Con la presbiopia che inizia dopo i trenta, per vedere bene contemporaneamente quarantatré schermi, serve in borsa un iPad almeno da 50 pollici.
Veniamo alle eccezioni: le telecamere sono istallate in tutte le stanze della casa, tranne che nei bagni. Ora, mi immagino quei bagni. I figli della Nara – tutti dai tre ai dieci anni – scommetto apparterranno alla specie rara di bambini che sostengono di volersi fare tre sante docce al giorno; o comunque me li vedo sempre in coda religiosa davanti alla porta della toilette.
Personalmente – quando esco e resto fuori casa per un paio d’ore – non vorrei vedere quello che succede mentre non ci sono. Figlie che si dipingono la faccia con i miei trucchi, che devastano la cucina per prepararsi un mezzo toast a merenda, che si tirano i capelli per il posto comodo davanti a Netflix… anche no grazie.
A meno che… Wanda Nara non ci abbia visto più lungo di noi. Noi, irriducibili madri chiocce che teniamo i figli in casa fino a trent’anni suonati. Il metodo dell’asfissiante sorveglianza-non-stop potrebbe essere un efficace incentivo per farli uscire di casa al più presto. Altro che un posto a tempo indeterminato o un matrimonio blindato: la via per fare uscire i figli di casa in tempi ragionevoli potrebbe invece passare da un pugno di telecamere.
Resta però alla fine un tema, al quale non si sfugge: su chi cade la responsabilità. Se io – genitore – decido di “voler sapere e controllare tutto”, poi, succeda quel che succeda in mia assenza, non posso dire di non sapere: un figlio osservato si sente sgravato della responsabilità di quello che fa. Quindi paradossalmente, il lasciare i figli “da soli” (insieme a fior di tate, immagino) non aumenta la loro responsabilità, ma anzi li sgrava. Poi ogni famiglia fa le sue scelte, ma in questo caso, l’autogol è molto probabile.