L’obesità è un problema che colpisce quasi un miliardo di persone al mondo, quindi in pratica 1 persona su 8. E se il trend continua crescere si potrebbe arrivare a 1,9 miliardi entro il 2035. Dati decisamente preoccupanti se consideriamo i rischi di salute connessi all’essere in sovrappeso e i costi che i sistemi sanitari dei vari paesi devono sostenere. Per poter dunque ridurre questi numeri si sta puntando su un farmaco che inibisca la fame, portando così alla progressiva perdita di peso. Il nuovo medicinale WeGovy, della Novo Nordisk, è stato proprio pensato per tale obiettivo, E come apprendiamo dal Financial Times, sembrerebbe condurre, in base agli ultimi studi, ad una riduzione del rischio di infarto cardiaco del 18% sui pazienti che lo assumono regolarmente.
Queste evidenze stanno facendo ben sperare gli sviluppatori del farmaco stesso, che auspicano che i risultati possano convincere i sistemi sanitari a coprire i costi della nuova classe di farmaci per la perdita di peso.
L’IMPATTO DEL NUOVO FARMACO CONTRO L’OBESITÁ
I dati completi sono stati annunciati durante un congresso dell’American Heart Association nel fine settimana e sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine. I risultati sono stati pubblicati dopo che la scorsa settimana Eli Lilly ha ottenuto l’approvazione dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per il suo trattamento dell’obesità, così come Zepbound, che concorrerà con Wegovy, e anche AstraZeneca è entrata nella corsa per una pillola per la perdita di peso dopo un accordo di collaborazione con la biotech cinese Eccogene. Questo denota quanto le case farmaceutiche stiano lavorando nella lotta contro l’obesità e nell’implementazione dei farmaci a ciò deputati.
Lo studio di Novo Nordisk ha coinvolto più di 17.600 persone di età superiore a 45 anni con obesità che avevano malattie cardiovascolari, ma non diabete. Circa 458 pazienti che assumevano un placebo sono deceduti durante lo studio, rispetto alle 375 persone che assumevano Wegovy, rappresentando una riduzione del rischio di morte dell’18% . Ma gli effetti positivi non si fermerebbero qui. Infatti lo studio preliminare ha anche dimostrato che il farmaco ha un impatto su altre condizioni come le malattie renali croniche. I dati certi al riguardo saranno però pubblicati nei prossimi mesi.