PERCHÈ SI PARLA DI “DEXIT” E COSA C’ENTRANO LE ELEZIONI VINTE DALLA AFD IN TURINGIA

La Germania davvero rischia la “Dexit”? È probabilmente più una “moda giornalistica” cercare di ingabbiare un evento politico in uno slogan (o, meglio, in un clamore inquietante) e puntualmente sta accadendo in queste ore anche in Germania dopo le roboanti affermazioni dell’AfD in Turingia (dove è primo partito) e Sassonia, dove con la Cdu si contende la maggioranza nel parlamentino regionale dopo i risultati delle Elezioni di domenica scorsa. Eppure di “Dexit” prima che ne trattasse oggi la leader dell’Alternative fur Deuschland Alice Weidel in una lunga intervista a “La Repubblica” già era esploso come termine prima addirittura delle Elezioni in Turingia e Sassonia, evocata dai partiti tradizionali che vedono nell’AfD (e pure nel BSW di Sahra Wagenknecht, altro grande protagonista del voto regionale) una minaccia seria della democrazia tanto da invocarne un “cordone sanitario” per escluderli.



Lo ha proposto il Cancelliere Olaf Scholz l’indomani delle Elezioni per cercare di convincere la Cdu e il BSW che are accordi con l’AfD porterà solo problemi e spaccature del tessuto democratico tedesco: peccato che proprio questa “conventio ad excludendum” negli ultimi anni ha portato l’Alternativa per la Germania alle soglie del 30% quando manca un solo anno alle Elezioni Federali 2025. Cercare insomma di andare oltre alla mera ideologica politica è quanto viene richiesto in queste ore da molti esponenti del partito d’ultradestra, a cominciare dalla leader Alice Weidel: «La Germania, per sopravvivere, non ha bisogno della Ue. La Ue, al contrario, ha bisogno della Germania». La Dexit, ovvero l’uscita della “Deutschland” dalla Ue, è evocata su domanda stessa del quotidiano italiano con Weidel che prende sul serio il tema: «La Ue dovrebbe comportarsi di conseguenza. Solo a queste condizioni un’uscita della Germania dall’Ue non si renderà necessaria».



ALICE WEIDEL: “L’UE ASCOLTI IL POPOLO, NON SIAMO ESTREMISTI. ALTRIMENTI LA GERMANIA ANDRÀ VERSO L’USCITA…”

La co-fondatrice assieme a Timo Chrupalla del partito ad oggi in testa ai sondaggi di quasi tutta la Germania (di poco sopra la Cdu, di molto sopra la socialdemocrazia di Scholz crollata anche in Turingia e Sassonia) predica calma e moderazione, dicendo che l’AfD non è un partito di pericolosi estremisti fascisti: Weidel propone ai cristianodemocratici e al partito BSW di intavolare un dialogo in vista delle singole maggioranze nei due lander dell’ex DDR piombati nel rebus governo locale dopo il voto di domenica.



In Germania il “cordone sanitario” invocato da Scholz contro l’AfD si chiama “Brandmauer”, ovvero la “linea rossa” degli altri partiti fuori dall’ultradestra: secondo la leader Weidel se la Cdu continuerà a seguire tale politica, «nel medio o breve termine sparirà come la Democrazia cristiana». Il ragionamento politico è piuttosto fine e merita quantomeno attenzione: senza la presenza dell’AfD, il movimento che fu di Angela Merkel non può proseguire nell’intento di una politica centrista a conservatrice ed è destinata al fallimento. Per Weidel è scandaloso che la “Brandmauer” venga adottata ancora in Germania quando ad esempio in Austria l’alleato Fpo si trova molto meno contestato dalle altre forze politiche.

«L’Afd non è radicale né estremista», ribadisce ancora la leader del partito che lancia un messaggio piuttosto chiaro e netto all’Unione Europea che in questi tempi guarda con timore all’evoluzione della politica tedesca, con il crollo totale dei partiti al Governo Scholz: «La Dexit, l’uscita della Germania dall’Ue, per noi è un’ultima ratio. Non vogliamo distruggere cose, le vogliamo riformare». Se però la Dexit non è un’opzione immediata è perché la porta resta aperta per il dialogo con le altre forze politiche nazionali ed europee: «i nostri partner europei capiscono che devono rispettare i nostri interessi più vitali». Serve accogliere e non squalificare, suggerisce di fatto Alice Weidel ad un anno dalle Elezioni Federali che potrebbero a questo punto fungere da chiave di volta, in un senso o nell’altro, anche per l’intera Unione Europea.