Nuovo “ban” per la pagina Instagram ufficiale di Welcome to favelas, uno spazio social molto conosciuto in cui vengono postate in particolare scene di degrado provenienti dalle periferie dello stivale. A comunicare la notizia è stata una pagina secondaria dello stesso gruppo social, leggasi “welcometofavelas_4k”, in cui si legge: “Ennesimo nuovo ridicolo ban per la pagina principale. Ormai non possiamo pubblicare nulla, addirittura i video delle manifestazioni ci vengono cancellati senza motivo o spiegazione alcuna. Ridurremo progressivamente la nostra presenza qui su Instagram, preferiamo lasciare questo social agli influencer che raccontano le loro vite da sogno, mentre la realtà è tutta altra cosa”.



Welcome to Favelas è quindi pronto a sfruttare sempre di più un altro social molto diffuso nel nostro Paese: “Ci troverete sempre di più su Telegram – prosegue il post del gruppo – il nostro è il più grande canale italiano (400k iscritti) ed è l’unica piattaforma che ancora permette di fare cronaca (infatti ogni giorno si sprecano articoli di giornali per demonizzarlo) , e sul nostro sito online”.



WELCOME TO FAVELAS: “SUL NOSTRO SITO DIAMO SPAZIO AI BANNATI”

Il gruppo intende inoltre dare spazio a tutte quelle persone che sono state anche loro bannate dai social: “Intendiamo dare spazio a tutte quelle realtà e persone che sono state bannate dai social mettendogli a disposizione spazi gratuiti sul nostro sito”. Numerosi i like ricevuti dal post, al momento in cui vi scriviamo poco meno di 3.000, mentre i commenti sono stati probabilmente disattivati per evitare ulteriori polemiche.

Il ban giunto nelle scorse ore arriva a circa un mese e mezzo di distanza da quello precedente, avvenuto a metà di giugno. Anche in quel caso Welcome to Favelas, sul suo canale secondario, aveva pubblicato un lungo post in cui sottolineava la propria innocenza: “Noi facciamo cronaca – scrivevano il 17 giugno – e fare cronaca è un diritto di chiunque, non solo di certi giornalisti a cui diamo evidentemente fastidio, visto che sempre più spesso le notizie che pubblichiamo noi, le trovate sui giornali due giorni dopo. Noi riportiamo i fatti ed è sciocco pensare che chi riporta quello che succede ne sia responsabile”.