Cinque giorni di testimonianze, idee, visioni non convenzionali sui grandi temi che stanno minando le nostre certezze: il West Coast Meeting Loano 2022 è stato un successo grazie agli ospiti che hanno animato l’evento dal titolo significativo: “La realtà non mi ha mai tradito”, frase di Don Giussani quanto mai inattuale, una vera e propria sfida per leggere l’epoca della realtà virtuale, della disinformazione, dell’isolamento. Successo anche per i numeri dell’evento: tutto esaurito in sala ma soprattutto migliaia di persone collegate in streaming da tutta Italia.



Interventi profondi, come quello di Monica Mondo, autrice di TV2000: “La realtà serve, ma soprattutto esiste, c’è. Siamo però bombardati da rappresentazioni del mondo verosimili ma non veritiere, che rischiano di farci diventare schiavi del potere, non solo politico. Il problema di oggi nell’affrontare la realtà non sono più tanto i pregiudizi, ma l’incapacità di formulare giudizi. Per farlo bisognerebbe tornare all’esperienza, al contatto con le persone e le cose, perchè è da questo tipo di conoscenza che può maturare una coscienza personale e un senso di responsabilità. Nel virtuale ci si mette una maschera che si rischia di non togliersi mai, vivendo staticamente in una dimensione parallela, e questo mette a rischio soprattutto i giovanissimi, che mostrano infatti le situazioni più gravi di disagio, che arrivano fino al problema psichiatrico”.



O quello di Luigi Ballerini, scrittore e orientatore per i giovani: “Dobbiamo uscire dai social per diventare più sociali. Sui social possiamo cancellare i contatti con chi non la pensa come noi, nella vita reale dobbiamo invece fare i conti con chi non mi piace, con chi non ci assomiglia. Nella vita reale il COVID ha accentuato questo processo di allontanamento dall’altro: accadono fatti come quello della mamma che apre la porta di casa e, se sente la presenza di altre persone nelle scale del condominio, richiude la porta e dice al figlio: usciamo dopo. Il male del nostro tempo è il narcisismo, e l’altro spesso serve solo a confermare le nostre qualità, a giustificare il nostro essere nel mondo. Il narcisista elimina l’altro. Bisogna invece consegnare ai giovani luoghi in cui confrontarsi e riconnettersi con la realtà, usando il virtuale per imparare, conoscere, svagarsi, ma rimanendo nel reale”.
Il governatore Toti, intervenendo nello stesso dibattito, ha sottolineato l’importanza della conoscenza dei nuovi mezzi di comunicazione per poter mantenere un approccio critico rispetto alle informazioni che vengono veicolate.



Apprezzato e condiviso dal pubblico in sala l’intervento, giovedì sera, di Silvano Petrosino, Docente Teorie della Comunicazione e Antropologia Religiosa e media Università Cattolica del Sacro Cuore: “La realtà ci butta nei nostri bisogni, e il bisogno è sempre assenza si qualcosa. Abbiamo bisogni a tutti i livelli, materiali e anche spirituali, ma sappiamo individuare abbastanza facilmente che cosa ci manca. Il desiderio, invece, è di natura diversa perchè è sempre una mancanza, ma non si sa di cosa. Possiamo tentare di nominare questa cosa, per esempio chiamandola la felicità; ma ci accorgiamo subito che si tratta di una parola che non siamo in grado di definire. Noi cerchiamo di ridurre il desiderio indicibile a bisogno, per tentare di dare un nome a quel che cerchiamo. Creandoci così molte versioni di un un ‘Dio tappabuchi’, come giustamente deducono i materialisti, una religiosità che copre in realtà i nostri bisogni; ma c’è anche chi osserva, come Agostino, che solo la parola “Dio”, nella inafferrabilità biblica che non gli assegna neppure un vero e proprio nome, può descrivere l’oggetto ultimo della nostra ricerca. In quel rapporto l’uomo può allora iniziare a trovare la pace, in un Dio che è il fine senza essere la fine. Dunque è nei bisogni che nascono dalla realtà concreta che può cominciare la dinamica tipicamente umanizzante del desiderio”.

La presentazione del titolo del Meeting di Rimini, “Una passione per l’uomo”, è stata affidata venerdì pomeriggio al suo vicepresidente Andrea Simoncini, che, nell’anticipare presenze e temi della proposta riminese di quest’anno, si è alternato alla suggestione dei canti eseguiti dal vivo da tre musicisti. La soluzione ai problemi del mondo, in primis quello della guerra, nasce sempre nel cuore dell’uomo, e il Meeting di Rimini si propone anche quest’anno come luogo di amicizia tra i popoli, con testimonianze e incontri in cui sarà possibile concretamente coltivare e costruire la speranza.

Nella serata di Venerdi Antonio Polito, vicedirettore del Corriere della Sera ha tratteggiato quel che è il sentiment del momento: la paura. “La crisi economica, il covid, la guerra, il cambiamento climatico, la rivoluzione digitale sono sfide che fanno paura a tutti, giovani e vecchi. Ci sono rischi di fratture generazionali, sono in atto fratture sociali. Questi primi decenni del secolo costituiscono la fine dell’ottimismo nato nel dopoguerra. La paura c’è sempre stata, ma oggi è drammatica”. Entusiasmo in sala per l’intervento, in videocollegamento, di Don Julián Carrón: “Covid, guerra, povertà stanno modificando il nostro mondo e il modo di percepirlo. Le domande si susseguono, si cercano persone che propongano significati convincenti. Di fronte a queste provocazioni immense, la paura non ci deve bloccare: è ragionevole provare ad affrontare queste sfide assumendo la stessa ipotesi di significato abbracciata dalle persone che vediamo vivere con speranza”. Nel dibattito, anche l’intervento di Alessandra Gerolin, che ha raccontato a sua esperienza come coautrice del film “Vivere senza paura nell’età dell’incertezza”

Il giorno seguente si parla di guerra con Enzo Moavero Milanesi, già ministro degli Esteri, introdotto da un intervento in collegamento con il ministro degli esteri Luigi di Maio. “Nella fondazione della Comunità Europea è stata determinante la parola Pace, ma oggi è scomparsa dal lessico dei documenti europei, dedicati quasi esclusivamente all’economia. Stiamo parlando, spesso confondendoci, di Europa e Nato, mentre si tratta di due cose distinte: la prima è una struttura politica, la seconda è militare, entrambe vogliono la Pace, ma con approcci molto diversi. E’ il momento che l’Europa si dia una struttura politica più esplicita”. Marco Bentivogli ha le idee chiare: “L’Europa è nata in una cornice dove gli Stati volevano difendere valori e progresso per costruire la pace, certezze spazzate via della guerra in Ucraina. Ora deve guardare a Oriente e a Sud, perchè in queste relazioni c’è il suo futuro. Il problema fondamentale della denatalità ci dimostra come sia indispensabile avere una visione a lungo termine”. Il presidente della Charitas Ucraina, padre Grynevich Vyacheslav, intervenuto anch’egli in videocollegamento, ha voluto mettere in evidenza l’imponente dinamica di solidarietà che è scattata in varie forme tra i popoli europei e quello ucraino, ringraziando più volte per il segno di speranza che ciò sta rappresentando per il suo paese.

L’ultimo incontro del meeting, condotto da Giorgio Vittadini, è stato dedicato al lavoro, alle disuguaglianze, alla crisi economica. Fausto Bertinotti ha analizzato così la situazione: “Ci sono problemi concreti che riguardano il lavoro qui e ora, ma vanno letti dentro il fenomeno storico complessivo. È finito il’900 in cui l’importanza del lavoro era centrale, sostituito da una rivoluzione tecnica e scientifica che ha un aspetto fortemente regressivo. Un tempo il lavoro faceva uscire dalla povertà; oggi il lavoro rende schiavi in molti modi. È nato un nuovo capitalismo finanziario, che esalta le diseguaglianze. La grande promessa che ci aveva fatto la globalizzazione di rendere tutti più ricchi è stata tradita: è nato il lavoro che impoverisce, divora il tempo, distrugge le relazioni”.

Dopo l’intervento del presidente di Confindustria Savona, Angelo Berlangeri, che ha descritto la situazione della sua provincia, il segretario generale del CENSIS Giorgio De Rita ha proposto la fotografia del nostro paese nel suo complesso: “La situazione di oggi è figlia della mancata crescita negli ultimi vent’anni, accentuata da Covid e guerra. C’è stato un regresso sociale: studiare sembra non pagare, come anche investire, mancano figure di prestigio perché da troppi anni non si punta sul capitale umano, l’Italia da trent’anni è bloccata, e si continua a parlare della crisi, con ipotesi e promesse, ma si fanno solo interventi frammentati e occasionali. Oggi il mercato del lavoro è inquinato da tante tossine, come reddito di cittadinanza, pubblica amministrazione inceppata, eccessi di bonus, mancanza di pianificazione. Siamo una società disorientata che sopravvive, ma non ha ancora il coraggio di investire su se stessa”.

Coraggio che non manca invece ai cinque testimoni, di varie età, provenienza e formazione, che hanno raccontato nel pomeriggio il loro modo di affrontare quelli che sono senz’altro i momenti più estremi che la vita propone: la malattia e la morte. Storie di amicizia, solidarietà, speranza, fede e soprattutto inaspettata letizia, narrate più dai volti e dai sorrisi che non dalle stesse parole, nella commozione di tutta la sala e dei migliaia di ascoltatori collegati via internet. Sono certamente queste le immagini che rimarranno nel cuore di molti spettatori come la migliore e incontestabile sintesi della proposta West Coast Meeting di quest’anno.