L’identità dell’assassino di Willy Branchi in una lettera anonima recapitata al fratello Luca? È l’ipotesi che si fa strada sulla base dei dettagli precisi che il misterioso mittente ha inserito nel testo, riscontrati dagli inquirenti nel corso delle indagini al punto da indurre Procura e Carabinieri a fare un appello all’autore affinché dica tutto quello che sa. Perché, questa la convinzione degli investigatori, sicuramente è a conoscenza di molto altro sull’efferato delitto. Riparte da questa possibile svolta la storia del 18enne massacrato di botte e ucciso a Goro, in provincia di Ferrara, nel 1988, finito con una pistola da macello come quelle che si usano per abbattere i maiali e abbandonato nudo sull’argine del Po.



Sullo sfondo l’ombra della pedofilia, la pista privilegiata che però non ha portato alla soluzione di un giallo atroce che va avanti da ormai 36 anni. A mostrare il contenuto della missiva è stata la trasmissione Chi l’ha visto?. Chi ha scritto lo ha fatto in stampatello e in modo puntuale, senza errori ortografici o sintattici e, soprattutto, utilizzando una terminologia piuttosto curata anche quando si entra in tecnicismi relativi alla prima inchiesta sulla morte del povero Willy.



Cosa dice l’anonimo nella lettera che potrebbe portare alla svolta su Willy Branchi

Il fratello di Willy Branchi ha raccontato di aver trovato la misteriosa lettera nella buca delle lettere della sua abitazione e di averla portata immediatamente all’attenzione dei Carabinieri. “Luca – esordisce l’anonimo mittente rivolgendosi proprio a lui -, so che è passato un sacco di tempo, logicamente dirai ‘Potevi farti vivo prima’, ma non credevo che questa maledetta cosa andasse così per le lunghe“. Nella missiva, l’autore cita un particolare che dimostra subito la sua approfondita conoscenza della vicenda: in apertura cita un certo Forzati, sostenendo che gli investigatori si concentrarono inizialmente su di lui “perché non hanno voluto indagare più a fondo, tralasciando altre piste“.



Effettivamente, ricostruisce la trasmissione di Rai 3, quel nome è, per esteso, Valeriano Forzati, detto “Il Colonnello”, malavitoso del posto che fu l’ultima persona vista in compagnia di Willy Branchi prima della morte del ragazzo, nel settembre 1988. Con lui il 18enne avrebbe trascorso le sue ultime ore in una pizzeria a Goro. Assolto all’esito del processo che lo ha visto imputato, secondo chi ha indagato non ebbe alcun ruolo nel delitto. La sua posizione uscì dall’inchiesta definitivamente, come oggi ricorda il comandante Mauro Maronese del Reparto Operativo dei Carabinieri di Ferrara: “È l’ultima persona ad averlo visto in vita, lui era il capro espiatorio che si prestava bene per la storia ma in realtà non c’entrava nulla. Questo ci dice l’anonimo. Noi all’epoca ci siamo concentrati sul Forzati, è vero, ma non solo su di lui…“.

Il mistero del “giovane veneto” nel caso di Willy Branchi

C’è poi un passaggio clamoroso nella stessa lettera, quando l’anonimo dice di aver lavorato a Goro e di essere certo che “i Carabinieri, un giorno prima del fatto, hanno avuto per le mani l’assassino del povero Willy Branchi”. E non è tutto: a un certo punto, un singolare invito al fratello della vittima: “Dovresti far ricordare ai tutori della legge di allora, se ricordano di aver trovato un ragazzo veneto, in pieno inverno. È stato trovato che dormiva su un peschereccio, completamente fuori di testa e mezzo congelato (…). Trova sto tipo Luca, e trovi l’assassino di tuo fratello“. La misteriosa lettera ha dato impulso alla decisione della famiglia di posizionare diverse cassette postali in punti nevralgici, tra Goro e Oca Marina, per raccogliere eventuali segnalazioni anonime (una delle quali sparita poche ore dopo l’installazione). L’anonimo autore ha inoltre scritto quanto segue: “Cercate di scoprire l’arma con cui girava il tipo, in molti sanno questa cosa“.

Si tratta di un particolare confermato dai militari, come ricordato dal comandante Maronese, che poteva sapere soltanto qualcuno a conoscenza del fatto in quanto mai diffuso sulla stampa. “Molte delle cose indicate dall’anonimo – ha precisato Maronese – hanno trovato un riscontro oggettivo nelle nostre investigazioni. Ci sono cose particolari come il fatto che questo soggetto fosse stato visto una mattina, con i capelli pieni di brina perché aveva dormito su una barca, ed è un fatto molto particolare che non aveva attinenza con l’omicidio, che non è emerso da nessuna testata, e che ha trovato riscontro nelle testimonianze di persone che ricordano che venne visto la mattina presto. Questo ci fa ritenere che l’anonimo sia ben informato“. L’avvocato Simone Bianchi, legale della famiglia di Willy Branchi, ha aggiunto che quasi tutto il contenuto della lettera è stato riscontrato. L’appello all’autore è lo stesso: si faccia avanti per aggiungere tasselli utili a chiudere il cerchio intorno al colpevole.