Le “Settimane Internazionali di Nuova Musica” di Palermo (1960-1968) fanno ormai parte della memoria storica. Per circa un decennio, il capoluogo siciliano è balzato all’avanguardia delle cronache culturali nazionali e internazionali grazie a iniziative innovative in un momento di particolare fervore sperimentale che attraversava i più diversi settori del mondo culturale contemporaneo; non si trattava solo di musica. Già alla fine degli anni Cinquanta, Antonino Titone, Francesco Agnello,e Paolo Emilio Carapezza si sono impegnati nell’identificazione di una nuova direzione che avrebbe portato alla realizzazione delle “Settimane”, in una Palermo che, fin dagli anni del dopoguerra, è emersa all’interno dell’isola e nel paesaggio culturale italiano come città tradizionalmente aperta e attenta alle nuove forme d’arte. Ora c’è una rinascita dovuta all’impegno del sovrintendente del Teatro Massimo, Francesco Giambrone, e del direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica Siciliana (OSS), Marcello Panni.



Per circa due settimane si svolge a Palermo un “festival di nuova musica”: debutti mondiali e musica d’avanguardia degli ultimi cinquant’anni. Al Teatro Politeama, l’OSS propone ‘Le esequie della luna’, un’opera importante di Francesco Pennisi (1934-1960) – era mio cugino – e concerti con composizioni di Marcello Filotei, Aldo Clementi, Franco Donadoni e Győrgy Ligeti. Al Teatro Massimo, c’è il debutto mondiale di Winter Journey la prima opera di Ludovico Einaudi (generalmente conosciuto come pianista virtuoso e compositore di musica da film). Il libretto è dello scrittore irlandese Colm Toibin, Roberto Andò è il drammaturgo e regista, Carlo Tenan è il direttore d’orchestra, scene e luci sono di Gianni Carluccio, costumi di Daniela Cernigliaro, video di Luca Scarzella, e suoni di Hubert Westkemper. L’opera è co-prodotta con il Teatro San Carlo di Napoli dove sarà presentata la prossima stagione. Il festival, in particolare Winter Journey, sta attirando l’attenzione di tutto il mondo. Il 4 ottobre, ad esempio, il New York Times International ha presentato un lungo servizio in prima e seconda pagina. Alla ‘prima’, c’erano diversi critici musicali e direttori di teatri d’opera provenienti dall’estero.



Purtroppo per motivi personali, non ho potuto viaggiare a Palermo ma ho sentito una trasmissione della serata e il Teatro Massimo mi ha fornito il libretto. Winter Journey è la storia di una migrazione disperata dai travagliati paesi devastati dalla guerra all’Europa dell’indifferenza e del rifiuto. La coppia di migranti e il loro figlio incontrano ostilità, un’accoglienza fredda o nessuna accoglienza. Il coro funge da coro greco. Un politico (ruolo parlato) interviene a intermittenza con un ritornello ostile ai migranti. Si tratta di una trama molto semplice ma molto attuale. Non c’è né un finale felice né uno tragico. La conclusione è aperta all’interpretazione del pubblico.



Una particolarità dell’opera è che i protagonisti non sono cantanti lirici professionisti. Sono noti artisti africani. L’uomo è Badara Seck dal Senegal, la donna Rokia Traoré del Mali, il loro figlio è cantato da Leslie Nsiah Afriye (nato in Ghana ed ora residente a Palermo) ma recita il ruolo sul palcoscenico Mouhamadou Sazil. La partitura è avvincente con musica melodica europea mescolata con melodie tradizionali africane. L’opera è piena di riferimenti a ciò che l’Europa era e non è più. Un mondo che aveva più forza di adesso. Il coro ricorda l’Europa durante la seconda guerra mondiale e subito dopo, quando nelle fredde giornate e notti invernali, i suoi cittadini migravano da un Paese all’altro in cerca di un futuro migliore. Insomma, un lavoro avvincente che la sera del suo debutto è stato coperto di ovazioni. Al Teatro Massimo c’è anche un vasto programma di concerti di musica contemporanea coordinato dal compositore Vincenzo La Licata.