In un contesto economico complesso, caratterizzato dalla chiusura di numerose imprese, il modello dei workers buyout (WBO) si conferma efficace: è uno strumento in cui i lavoratori rilevano le aziende in difficoltà economica per salvarle e garantirne la continuità produttiva, rappresentando un’alternativa valida rispetto ai tradizionali sussidi statali. Questo modello è promosso in Italia attraverso il supporto di Confcooperative, in collaborazione con CFI (Cooperazione Finanza Impresa) e il ministero delle Imprese e del Made in Italy. L’idea alla base è semplice: i dipendenti di un’azienda in crisi si uniscono per rilevarne la proprietà, diventando imprenditori e trasformandola in una cooperativa.
Il fenomeno dei WBO ha guadagnato slancio negli ultimi anni, specialmente in Italia, dove, dal 2011 al 2023, oltre 90 imprese sono state salvate, con il coinvolgimento di circa 2.400 lavoratori. Queste iniziative si concentrano principalmente nelle piccole e medie imprese (PMI), particolarmente vulnerabili durante le crisi economiche o i passaggi generazionali. Le aziende salvate operano in settori diversi, tra cui manifatturiero, logistica e agroalimentare. Questi interventi sono supportati da strumenti legislativi come la Legge Marcora (L. 49/1985), che prevede: finanziamenti agevolati attraverso CFI (Cooperazione Finanza Impresa), che supporta i lavoratori nel rilevare le aziende in crisi e contributi a fondo perduto per integrare il capitale iniziale dei nuovi soci delle cooperative rigenerate.
Secondo Confcooperative, solo negli ultimi cinque anni circa 25 aziende sono state salvate grazie al FondoSviluppo, un’iniziativa dedicata che ha mobilitato oltre 2,5 milioni di euro per supportare i WBO. L’impatto economico e sociale di queste operazioni è significativo: ogni euro pubblico investito genera un ritorno di circa 8 euro in termini di entrate fiscali e previdenziali, rendendo il WBO un modello economicamente sostenibile e utile per la collettività. Nel 2023, CFI ha sostenuto 53 imprese cooperative rigenerate, con investimenti complessivi di 57,5 milioni di euro. Questo ha contribuito a salvare circa 2.100 posti di lavoro.
Il modello dei workers buyout rappresenta una sintesi efficace di imprenditorialità e solidarietà, dimostrando che i lavoratori possono diventare i protagonisti del rilancio economico delle proprie aziende. Tuttavia, perché questa soluzione possa essere adottata su larga scala è necessario un maggiore impegno da parte delle istituzioni, attraverso incentivi mirati e politiche di supporto alle cooperative. Secondo il sottosegretario al Mimit Massimo Bitonci, i WBO potrebbero diventare una risposta concreta alla crisi e una soluzione strutturale per affrontare le crisi aziendali delle piccole e medie imprese (PMI): “Questo strumento consente di ridurre la spesa pubblica legata agli ammortizzatori sociali, favorendo al contempo la produttività e la competitività delle aziende salvate”. A tal fine, il Governo sta valutando un potenziamento della Legge Marcora.
Sebbene i WBO siano più strutturati in Italia, anche in altri Paesi europei vi sono iniziative simili: in Francia il movimento delle SCOP (Società Cooperative di Produzione) che salvano ogni anno decine di aziende e in Spagna esistono modelli simili di acquisizione aziendale. Tuttavia, non vi è un censimento uniforme a livello europeo per il numero esatto di imprese coinvolte.
Un rapporto dettagliato che analizza il fenomeno dei workers buyout con un focus sulla resilienza economica delle imprese rigenerate è “The Italian road to recuperating entreprises and the legge Marcora framework” (2017) dell’Euricse (European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises) in collaborazione con CFI (Cooperazione Finanza Impresa) e con OISE (Università di Toronto). Il rapporto studia l’innovativa risposta dei lavoratori italiani in tempi di crisi ed evidenzia che l’Italia si distingue per l’implementazione istituzionalizzata del modello che non ha uguali in Europa.
I WBO non solo preservano posti di lavoro, ma creano una governance democratica interna, migliorando il coinvolgimento dei lavoratori. Questo modello, oltre a essere un’opportunità per le imprese in crisi, ha dimostrato una maggiore resilienza economica rispetto alle alternative come le chiusure definitive o il ricorso alla sola cassa integrazione.
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