La Cina è entrata nell’era del post-totalitarismo secondo il politologo Wu Qiang, ex professore della prestigiosa Università Tsinghua, licenziato per essersi recato a Hong Kong a studiare le manifestazioni democratiche. Nonostante ciò, è uno dei pochi intellettuali che osa ancora parlare nella Cina di Xi Jinping. «Con l’arrivo al potere di Xi Jinping si è conclusa l’era della riforma e dell’apertura iniziata con Deng Xiao Ping. Allora c’era ancora spazio per la società civile, ma oggi non è più così. Ora il Partito vuole controllare tutto», spiega a Le Figaro. Dunque, il presidente cinese ha cambiato la natura del Partito comunista cinese per «controllare tutte le leve del potere». Ma nel potere di Xi c’è un paradosso per Wu Qiang: «Richiede un sostegno unanime, quindi se manca anche un solo voto, appare come una debolezza».



Lo si è visto con la politica zero Covid che ha suscitato proteste, inducendo il regime a fare marcia indietro, pur non ammettendolo. «Il Partito pensava di aver schiacciato la società civile». Ma le proteste potrebbero ripartire in qualsiasi momento secondo il politologo. Per quanto riguarda l’attivismo diplomatico di Xi, come si evince dalla mediazione tra Iran e Arabia Saudita, o in Ucraina, fino al vertice Cina-Asia centrale tenutosi in contemporanea col vertice del G7 a Hiroshima, ritiene che tutto ciò rientra in «una competizione diplomatica con gli Stati Uniti. Pechino sta cercando di uscire dall’isolamento dell’era Covid e di preparare una vittoria diplomatica su Taiwan. Questa è la questione strategica più importante per la Cina e, per ottenerla, si affida alla Russia».



WU QIANG “MACRON SU CINA SI STA ILLUDENDO”

Sugli appelli di Emmanuel Macron alla Cina affinché faccia pressione sulla Russia, Wu Qiang ritiene che si stia «illudendo», perché «pensa che la Cina sia diversa dalla Russia e non si rende conto di quanto siano profonde le loro relazioni, basate su una connivenza ideologica». Siamo, dunque, «all’inizio di un’alleanza duratura», anche perché Pechino e Mosca hanno in comune «un profondo senso di insicurezza nei confronti dell’Occidente». Nell’intervista a Le Figaro, il politologo spiega che «la Cina sostiene di fatto la Russia, anche se si astiene da aiuti militari diretti su larga scala. Le offerte di mediazione in Ucraina sono un altro modo di aiutare Mosca, che ha nel mirino Taiwan».



Del resto, alla base c’è un rapporto diverso con sovranità e democrazia rispetto all’Occidente. «Il nazionalismo russo nega la sovranità dell’Ucraina in nome della storia, cosa che la Cina vuole fare anche con Taiwan». I prossimi cinque anni sono cruciali per la Cina secondo Wu Qiang: «Non le resta molto tempo, perché è coinvolta in un rallentamento economico e demografico. Oltre a ciò, le difficoltà si intensificheranno e c’è il rischio che il regime giochi la carta del nazionalismo. E l’India emergerà, il che significa che Pechino dovrà tenere d’occhio due fronti contemporaneamente: l’Occidente e Taiwan. Il periodo più pericoloso sarà quindi intorno al 2027. Da qui ad allora, la Cina giocherà per una relativa distensione, anche con gli Stati Uniti, per evitare l’isolamento e rafforzarsi internamente».

WU QIANG SU EUROPA-CINA E LA CENSURA

Un’altra preoccupazione per la Cina, secondo Wu Qiang, è la potenziale chiusura dell’Europa, visto che Pechino «ha sempre avuto bisogno di accedere alle nuove tecnologie per salire di livello. L’Unione Europea è l’unica parte del mondo sviluppato ancora aperta alla Cina, mentre gli Stati Uniti si stanno chiudendo». Il politologo a Le Figaro parla anche della censura cinese nel mondo accademico. «Oggigiorno è diventato impossibile per i politologi accademici parlare, a meno che non glielo ordinino le autorità. C’è un po’ più di spazio per gli specialisti in relazioni internazionali». A tal proposito, si sofferma sulla sua esperienza personale: «Nel 2014, la mia università Tsinghua mi ha impedito di andare a Hong Kong per osservare il movimento Occupy Central, che chiedeva libertà nel territorio semi-autonomo. Per questo motivo, sono stato “licenziato” dalla Tsinghua, in modo anomalo e senza motivo».

Ma Wu Qiang tira dritto: «Non ho paura di esprimermi come analista indipendente, perché faccio sempre analisi accademiche, con una motivazione professionale. In teoria, questo non viola alcuna legge e, oggettivamente, sta diventando sempre più raro e necessario». Per questo non mancano le pressioni: «Prima del XX Congresso e delle due sessioni dell’Assemblea nazionale del popolo, a marzo, la polizia politica dell’Ufficio di pubblica sicurezza della municipalità di Pechino mi ha messo in guardia. Mi hanno chiesto di non commentare questi eventi e di non parlare con i media internazionali».