In puro spirito da B-Movie, Ti West ha realizzato una trilogia in pochissimo tempo: ha lanciato X, il capostipite, a inizio anno, ha realizzato e mostrato a Venezia il prequel Pearl e nel frattempo ha annunciato Maxxxine, il seguito che va a formare un trittico incentrato sul personaggio interpretato da Mia Goth. Spirito da B-Movie, ma forma e ambizioni da indipendente di successo (produce la A24) che si spinge ad andare oltre al genere e tutto già evidente nel primo capitolo, uscito al cinema nel bel mezzo dell’estate e prossimo all’edizione home video.



X racconta di una scalcinata troupe cinematografica che vuole realizzare un film a luci rosse in una fattoria nel Texas degli anni ’70; sono molto volenterosi e hanno persino ambizioni artistiche, ma quando i due proprietari della casa (tra cui Pearl, protagonista del prequel) capiscono ciò che stanno facendo, il mix di puritanesimo e desiderio represso scatenerà la mattanza.



West, pupillo degli amanti dell’horror indie, ha preso le atmosfere del redneck movie (ossia i film di orrore rurale come Non aprite quella porta) e vi ha aggiunto il tocco anti-moralistico del cinema per adulti, come risposta alla sessuofobia che il genere porta con sé e ne ha fatto un film che prima di arrivare all’essenza sanguinolenta del genere si concentra nella ricostruzione di un’atmosfera cinematografica, prima che storica, perché il citazionismo e il meta-linguaggio sono quasi l’unico orizzonte di interesse, tra rimandi espliciti a una tradizione e strizzatine d’occhio cinefile (la citazione del celebre occhio trafitto di Zombi 2 di Fulci).



Ovviamente al regista, anche sceneggiatore e produttore del film, non interessa solo la cornice, ma anche definire un sogno americano fatto di sesso, droga, sangue e denaro, definizione che fa da legante anche agli altri due capitoli della trilogia, il secondo ambientato negli anni a cavallo della Prima guerra mondiale e il terzo invece negli anni ’80, in cui le pulsioni proibite sono la porta di accesso alla gloria a patto che si sopravviva alla società bigotta che le circonda.

West, però, non sembra davvero in grado di affrontare l’argomento, almeno in questo film, gli manca lo spessore storico (per quello consigliamo la serie The Deuce disponibile su Sky e NowTv) e la minuzia argomentativa, per cui si limita al dato visivo e di ricostruzione: è una scelta saggia, ma forse l’unico tratto davvero interessante di X è il lato psicoanalitico del rapporto tra Maxine (Goth) e l’anziana Pearl (sempre Goth, sotto strati di trucco), l’emergere del desiderio che distrugge le barriere dell’età, della creanza e del buon gusto, che racconta, col suo modo struggente, una storia d’amore e che affiora guardandosi allo specchio, guardando e bramando la versione giovane di sé, una Pearl che poteva diventare una stella e soddisfare ogni voglia.

È una parentesi incastonata in un film che fatica a trovare una propria dimensione di racconto, un suo passo personale che non incespichi in lentezze da opera arty fuori luogo, in riflessioni cinefile per principianti e in timidezze che da un horror del genere non vorremmo vedere. Però in quella parentesi, nelle scelte stilistiche che l’accompagnano, c’è il gesto di un regista e ci sono attimi di cinema appaganti, che troveranno sfogo migliore nel seguito. Per quello però, bisogna attendere ancora un po’.

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