Sono passati cinque anni dall’ultimo viaggio. Forse anche per questo il ritorno di Xi Jinping in Europa ha un significato particolare. Per prima cosa parlerà con il presidente francese Emmanuel Macron e con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che l’anno scorso in aprile gli avevano reso visita a Pechino: i temi saranno da una parte la guerra in Ucraina e il sostegno cinese ai russi, dall’altra i rapporti commerciali del Dragone con il Vecchio continente. Ma poi si recherà anche in Serbia e in Ungheria.



La Cina, osserva Massimo Introvigne, sociologo, fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter, vorrebbe che l’UE si differenziasse nelle sue posizioni da quelle degli USA e mentre difficilmente otterrà delle concessioni sui grandi temi geopolitici, come il conflitto russo-ucraino o quello di Gaza, potrebbe spuntare un atteggiamento più benevolo su questioni commerciali. La prima sul tavolo sarà probabilmente quella delle auto elettriche.



Le visite al presidente serbo Aleksandar Vucic e al premier ungherese Viktor Orban, invece, si spiegano con gli stretti rapporti che la Cina ha con questi Paesi. La Serbia è snodo importante della Via della Seta, non per niente in cantiere c’è il grande progetto della ferrovia Belgrado-Budapest, con il quale la Cina vuole rafforzare la sua presenza in Europa: lì ha già fatto suoi i porti della Grecia, che non a caso vuole aderire al piano. In Ungheria, invece, c’è la più grande base di Huawei fuori dalla Cina. Con Orban è stata avviata una collaborazione in tema di sicurezza, che permetterebbe alla polizia cinese di agire in Ungheria, con la scusa di proteggere i turisti cinesi.



Cosa ci dobbiamo aspettare dalla visita di Xi Jinping in Europa? Quali sono i temi sul tavolo: la guerra in Ucraina e i problemi commerciali fra Pechino e l’UE?

Certamente la Cina, in questo momento, sta esplorando se ci sono dei “ventri molli” in Europa, vuole vedere, cioè, se c’è la possibilità di differenziare la politica europea da quella americana. Credo che non otterrà soddisfazione sulla questione ucraina, ma che otterrà qualcosa, invece, sulle questioni economiche. Macron sull’Ucraina si sta posizionando a destra degli USA, con una postura più aggressiva di quella americana, non escludendo addirittura l’invio di truppe. Xi Jinping, quindi, non troverà aperture su mediazioni più favorevoli a Putin: in questo momento da questo punto di vista gli europei sono più aggressivi degli statunitensi.

Riguardo all’economia, allora, che cosa potrebbe ottenere?

C’è il tema delle auto elettriche, anche se qui il problema vero adesso è quello della sicurezza. Xi Jinping si è un po’ sparato nelle gambe da solo quando ha detto a Elon Musk che le auto elettriche americane non possono circolare in Cina dove ci sono basi militari perché con i sistemi di controllo attuali è molto facile trasmettere informazioni alle case produttrici, che nel caso di Musk, appunto, stanno in America. Naturalmente, però, questo discorso vale anche per quelle cinesi che vengono utilizzate in Europa o negli Stati Uniti stessi. In generale, sui rapporti commerciali penso, tuttavia, che esista in Europa un fronte disponibile a un atteggiamento più conciliante di quello degli USA. Parlo di Italia e Germania, ad esempio, anche se non è previsto un incontro con loro. Xi Jinping cercherà di sostenere che i dossier relativi al conflitto Russia-Ucraina e al commercio sono distinti, ma poi nella pratica tenerli separati non è proprio facilissimo.

Nella sostanza il presidente cinese che cosa vorrebbe dall’Europa?

Da mesi dice che l’Europa dovrebbe avere una posizione indipendente degli USA e non dare per scontato che le politiche americane siano buone per l’UE, sia sul tema della guerra in Ucraina che su quelli di Israele-Gaza, Iran e commercio. L’unico fronte sul quale riuscirà a fare breccia, comunque, sarà il quarto. Sulla politica estera in questo momento i candidati alle elezioni europee sono su posizioni assertive e patriottiche nei confronti della Russia: non lo ascolteranno.

Perché Xi ha scelto Macron come interlocutore europeo, anche se lo incontrerà insieme alla von der Leyen?

Macron quando andò in Cina fece delle grosse aperture sul piano commerciale, oltre che su quello della politica estera asiatica. Rilasciò dichiarazioni, che poi dovette smentire, secondo le quali la Francia non si sarebbe mobilitata in caso di attacco di Pechino a Taiwan. Ma una cosa è lo scenario asiatico e un’altra quello europeo, dove lui sta giocando la parte del falco rispetto alla Russia.

Cosa farà l’Europa per quanto riguarda le auto elettriche e altri prodotti cinesi?

Il problema delle auto, in questo momento, è soprattutto di sicurezza, non di dumping, né di prezzi bassi. Non credo che verranno messi dei dazi: o scoppia il bubbone degli aiuti militari cinesi ai russi, ma in modo tale che gli USA mettano sul tavolo le pistole fumanti che dimostrino inequivocabilmente il coinvolgimento di Pechino con Mosca, oppure l’Europa ha tutto l’interesse ad avere un atteggiamento conciliante nei confronti dei cinesi.

Come mai, invece, la scelta di visitare la Serbia e l’Ungheria?

Perché sono due Paesi tradizionalmente filocinesi. Nel momento in cui la Serbia dovesse entrare nell’Unione Europea si affiancherebbe all’Ungheria e anche alla Grecia, verrebbe annoverata tra i Paesi UE che se possono dare una mano alla Cina lo fanno.

L’Ungheria in particolare, oltre ad accordi per infrastrutture ha firmato anche un’intesa per la sicurezza con i cinesi. È una sorta di avamposto di Pechino in Europa?

Sì, Budapest gioca a fare l’avamposto di Mosca e di Pechino. Ne ricava vantaggi economici.

(Paolo Rossetti)

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