Nel piano cinese di 12 punti per la “risoluzione politica della crisi ucraina” avevamo individuato il segno del cambiamento di postura del governo di Pechino, che – al netto della retorica multilateralista – puntava a parlare agli europei e agli ucraini, provando a posizionarsi nella grande corsa alla ricostruzione dell’Ucraina rafforzando, al contempo, il legame con la Russia.
Il viaggio di Xi Jinping a Mosca dal 20 al 22 marzo e la questione della fornitura di armamenti consolidano il tipo di interpretazione che avevamo proposto. Ufficialmente il viaggio non ha alcuna relazione con la guerra in Ucraina: Wang Wenbin, il portavoce del ministro degli Esteri cinese, infatti, non ha fatto alcun rifermento esplicito alla crisi in corso, ma si è limitato a dire che la visita di Xi ha il solo obiettivo di promuovere la pace. Un canovaccio dal quale non si distanzia la diplomazia russa, secondo la quale l’incontro fra Xi e Putin verterà su “questioni di attualità dell’ulteriore sviluppo di relazioni di partenariato globali e cooperazione strategica tra Russia e Cina”. Anche in questo caso nessun riferimento alla guerra in corso.
Benché siano legittime le speranze di chi vede in Xi un soggetto in grado di avviare una mediazione che inneschi un processo di pace fra Russia e Ucraina, è molto più probabile che sul tavolo ci sia il rafforzamento del partenariato economico e strategico. Un legame che ha continuato a rafforzarsi da quando, nel febbraio 2022 durante le Olimpiadi invernali di Pechino, è stata varata la partnership “senza limiti” fra le due potenze. Da allora il commercio bilaterale è cresciuto in modo esponenziale, rendendo Pechino il più grande importatore di petrolio russo.
Inoltre è facile ipotizzare che gli accordi si estenderanno, come auspicato dalla diplomazia russa, al settore dei semiconduttori e ad altre tecnologie di rilevanza strategica.
La relazione sino-russa, però, non vede i due partner sullo stesso livello. I rapporti di forza fra le due potenze sono chiaramente favorevoli alla Cina e uno dei dossier più delicati riguarderà verosimilmente l’Asia Centrale e quindi l’Unione europea euroasiatica (Uee), un progetto di cooperazione economica pensato per essere un’estensione geopolitica della Russia ma che, dopo i fallimenti nella guerra in Ucraina e i recenti avvenimenti in Georgia, sembra sempre più orbitare intorno al Dragone. Ne è prova il viaggio di Lukashenko a Pechino, che ha destato l’ilarità di tanti analisti, ma che va a testimoniare il rapporto, ormai vassallatico, verso l’unica vera potenza egemone asiatica.
A questo quadro va aggiunta la notizia data dalla rivista americana Politico secondo la quale la China North Industries Group Corporation Limited, strettamente connessa al comparto della difesa cinese, ha inviato nel giugno 2022 mille fucili ai russi. Non solo: il sostegno cinese riguarderebbe anche la componentistica per droni di uso militare. Uno scenario che rende decisamente ottimistiche le speranze per un impegno diretto di Xi a favore della pace in Ucraina e che dimostra la crescente subalternità di Mosca alla volontà del governo cinese.
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