«Dobbiamo fare più propaganda, l’immagine della Cina all’estero deve essere migliorata»: potremmo riassumerlo pressapoco così il messaggio dato dal Premier Xi Jinping durante l’ultima riunione centrale del Partito Comunista dei Lavoratori. Se ancora qualcuno “fuori dal mondo” facesse fatica a riconoscere la Cina come un autentico regime illiberale (per usare un eufemismo, ndr), l’ammissione fatta dal suo leader maximo è netta e messa nera su bianco dall’agenzia di stampa nazionale cinese, la Xinhua (qui il messaggio integrale).
«Serve un deciso miglioramento della capacità del Paese di impegnarsi nella comunicazione internazionale per presentare una visione vera, multidimensionale e panoramica della Cina», spiega Xi Jinping ai membri del PCC lo scorso lunedì durante l’Ufficio Politico del Comitato Centrale. Per il Presidente, serve sviluppare una voce più autorevole nel discorso internazionale «che corrisponda alla forza nazionale globale e allo status internazionale della Cina». Parla di migliorare la “narrazione” e il “discorso” sulla Cina perché all’estero si hanno troppi «brutti giudizi», con anche la richiesta ai membri del Partito di utilizzare «nuovi concetti, domini ed espressioni per raccontare meglio le storie della Cina».
LA CINA E LA PROPAGANDA
Un nuovo linguaggio per raccontare meglio la grandezza e le parti migliori della Cina: certo, questo a discapito di tutti gli elementi “bui” e nascosti all’interno delle lande infinite del territorio cinese (come la situazione degli Uiguri, la persecuzione religiosa, lo scontro-invasione di Hong Kong, Taiwan e Macao e il controllo capillare delle libertà personali). «Dovremmo rafforzare la propaganda e l’interpretazione del Partito Comunista Cinese e aiutare gli stranieri a rendersi conto che il Partito Comunista Cinese lotta davvero per la felicità del popolo cinese»: sembra quasi di sentire l’eco sarcastica di chi già negli anni Settanta viaggiava in direzione contraria a quell’Italia al culmine dell’ideologia comunista che vedeva nella Cina un esempio. Gaber, Pasolini, Augusto Del Noce, giusto per citare alcuni esempi, già all’epoca vedevano nel “sogno comunista cinese” un rischio enorme per la libertà e la felicità stessa delle persone: il tutto può ben confermarsi da un piccolo, se volete banale, “nodo” di traduzione evidenziato dal Guardian. Nella traduzione ufficiale dell’agenzia Xinhua non si trova la parola “propaganda”, ma viene sostituita dalla parola “pubblicità” («Sulla pubblicità del PCC, Xi ha sollecitato maggiori sforzi per aiutare il pubblico straniero a capire che ciò che il Partito sta perseguendo non è altro che il benessere del popolo cinese», si legge nell’agenzia cinese tradotta diversamente da quanto poi effettuato dal Guardian e altri media internazionali). Già solo per questa ‘correzione linguistica’ di orrwelliana memoria dovremmo intuire la portata ideologica di chi si assurge a “costruttore di felicità altrui” come pretende il Partito Comunista Cinese.