A proposito della richiesta del gip di indagare il pm Letizia Ruggeri sul caso Yara Gambirasio, il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani, ha parlato ai microfoni del “Corriere della Sera”: “Resto francamente sorpreso che dopo 3 gradi di giudizio, dopo 7 rigetti dei giudici di Bergamo sia all’analisi che alla verifica dello stato di conservazione dei reperti e dei campioni residui di Dna, dopo che nei tre gradi di giudizio era stata respinta la richiesta difensiva di una perizia sul Dna, dopo la definitività della sentenza sopravvenuta nell’ottobre 2018 che ha accertato la colpevolezza dell’autore dell’omicidio di Yara, e dopo che era passato più di un anno da tale definitività, si imputi ora al pm il depistaggio in relazione alla conservazione delle provette dei residui organici, rimasti regolarmente crioconservati in una cella frigorifera dell’istituto San Raffaele fino a novembre 2019, quindi oltre un anno dopo il passaggio in giudicato della sentenza della condanna, e solo successivamente confiscati come prevede il codice di procedura”.



Il provvedimento di Venezia arriva dopo che per altre due volte la Corte d’Assise di Bergamo aveva negato ai difensori di Massimo Bossetti l’accesso a tali provette e dopo che la procura di Venezia aveva chiesto l’archiviazione della posizione del presidente della Corte d’Assise di Bergamo e di una cancelliera a seguito della denuncia per depistaggio e, ancora, dopo che la Corte d’Assise di Bergamo aveva disposto la trasmissione degli atti a Venezia per la valutazione delle accuse di illegalità che la difesa di Bossetti aveva avanzato nei confronti della Procura di Bergamo. “Dal tenore del comunicato di Adnkronos – ha concluso il procuratore bergamasco – pare di capire che vi sia stata una specifica richiesta al gip di trasmissione atti alla Procura di Venezia da parte della difesa di Bossetti contro il pm Letizia Ruggeri e che, quindi, il provvedimento del gip possa inserirsi nel quadro di questa nuova denuncia. Sono fiducioso che in sede di indagini emergerà la correttezza dei comportamenti tenuti dalla collega”.



YARA GAMBIRASIO, IL GIP CHIEDE DI INDAGARE IL PM LETIZIA RUGGERI

Colpo di scena nel caso Yara Gambirasio: il gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, ha richiesto l’iscrizione nel registro degli indagati del pm Letizia Ruggeri, al fine di valutare eventuali responsabilità nella malconservazione dei campioni di Dna sul corpo e sui vestiti della giovanissima vittima. Il reato ipotizzato è “frode in processo penale e depistaggio”, regolato dall’articolo 375 del codice penale e punito da 3 a 8 anni di carcere. Colpisce in particolare chi “immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato”.



Come riporta “Il Giornale”, negli atti si chiede l’iscrizione nel registro degli indagati di Ruggeri, a seguito della querela e dell’atto di opposizione presentati da Massimo Bossetti (condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio, ndr), “in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri”. Si impone quindi “la necessità di un’estensione soggettiva dell’iscrizione nei suoi confronti. Si vuole permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente, che richiedono un necessario approfondimento, sia al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa”. È stata altresì ordinata l’archiviazione delle posizioni di Giovanni Petillo e Laura Epis, presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo e funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato, precedentemente indagati per la conservazione dei campioni.

YARA GAMBIRASIO: SI VALUTA LA BUONA FEDE DEL PM SULLA DISTRUZIONE DEI CAMPIONI DI DNA

Com’è noto, c’erano 54 campioni di Dna rinvenuti sugli indumenti e sul corpo di Yara Gambirasio, quando fu ritrovata priva di vita. Fra di loro era presente il codice genetico di Ignoto 1, con il quale si risalì a Massimo Bossetti, successivamente condannato per l’omicidio della 13enne di Brembate di Sopra. Tuttavia, i reperti, scrive “Il Giornale”, “furono spostati dalle celle dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo e secondo i legali di Bossetti, in testa Claudio Salvagni, il trasporto avrebbe interrotto la catena del freddo, rendendo i campioni inutilizzabili in vista di eventuali nuove analisi”.

La difesa di Bossetti chiese di accedere alle provette il 26 novembre 2019, dopo la conferma della condanna in Cassazione, ma “il 21 novembre dello stesso anno i campioni aveva già lasciato Milano per raggiungere Bergamo dodici giorni dopo, il 2 dicembre, su richiesta della stessa Ruggeri. Al vaglio ora quindi ci sarà la buona fede del pm”.