Indagata per frode processuale e depistaggio dopo la sua decisione di spostare i campioni di Dna del caso Yara Gambirasio a temperatura ambiente – provocandone, di fatto, la distruzione -, la pm Letizia Ruggeri, all’epoca titolare dell’inchiesta sul delitto della 13enne e rappresentante dell’accusa a carico di Massimo Bossetti, ora rischia di finire a processo. Sulla sua posizione sarà dirimente la parola del gip che dovrà sciogliere tutti i nodi tra le parti in gioco: la Procura di Venezia ha chiesto l’archiviazione, ma i legali dell’ex muratore di Mapello, condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio nel 2018, hanno fatto opposizione sostenendo che l’azione del magistrato – intervenuta, senza autorizzazione, proprio quando al pool difensivo era stata concessa una nuova analisi sulle provette – sia fuori da ogni protocollo.



Nelle more della valutazione sulla questione, che ora compete al giudice per le indagini preliminari Alberto Scaramuzza (lo stesso che chiese di approfondire l’operato di Letizia Ruggeri), Adnkronos ha diffuso le parole della pm messe a verbale il 10 marzo 2021 davanti all’allora procuratore vicario di Venezia, Adelchi D’Ippolito, proprio sulla gestione e la conservazione dei reperti. La versione integrale del documento, rimasta inaccessibile fino a poco tempo fa, è ora in possesso dell’agenzia di stampa. Interrogata dai colleghi veneziani, Letizia Ruggeri avrebbe respinto l’accusa di aver agito con l’intento di impedire ogni futura analisi sul materiale genetico (secondo gli avvocati di Bossetti, proprio per precludergli ogni possibilità di concreta difesa) e avrebbe ribadito il suo racconto, in sede di dichiarazioni spontanee, il 13 febbraio 2023.



Yara Gambirasio, la pm Letizia Ruggeri si difende dalle accuse di frode processuale e depistaggio

Ma cosa ha detto Letizia Ruggeri nel verbale reso a seguito delle pesantissime accuse sulla sua condotta di magitrato? Ecco cosa riporta Adnkronos dal documento di cui è in possesso: “In quelle 54 provette non c’è più nientele parole della pm del caso Yara Gambirasio, non c’è più nulla che possa essere analizzato, perché il Dna di Bossetti che è stato utilizzato è stato tutto consumato nella fase delle indagini preliminari“. L’indagine per frode processuale e depistaggio che la vede iscritta nel registro notizie di reato dal 2022 – in attesa che il gip si esprima su un’eventuale archiviazione o un rinvio a giudizio – è stata aperta dopo la denuncia di Massimo Bossetti al quale, in ogni grado del processo per l’omicidio della 13enne conclusosi con la sua condanna all’ergastolo, fu sempre negato di analizzare il Dna che lo inchiodò al profilo “Ignoto 1” attribuito all’assassino. Per aver spostato le 54 provette dal laboratorio dell’ospedale milanese San Raffaele (dove erano correttamente conservate a 80 gradi sottozero) all’Ufficio Corpi di reato del Tribunale di Bergamo (in uno scatolone a temperatura ambiente), Letizia Ruggeri è quindi ad oggi indagata per le ipotesi di frode processuale e depistaggio. Il suo operato, secondo la difesa di Bossetti, avrebbe compromesso in modo irreversibile i reperti chiave del delitto.



La custodia io l’ho fatta curare con le massime cautele – avrebbe aggiunto la pm nelle sue dichiarazioni – fino al passaggio in giudicato della sentenza“, ma dopo la sentenza di Cassazione avrebbe deciso di trasferire i campioni in altra sede perché per lo Stato, tenerle ancora in quel frigo, sarebbe stato “una spesa inutile“. Secondo la versione della pm, riporta ancora l’agenzia di stampa, in quelle provette sarebbe contenuto “l’estratto più scadente” in quanto la parte “migliore” del Dna sarebbe andata esaurita “durante le indagini per addivenire a un profilo che fosse certo, che supportasse gli enormi costi che noi stavamo sostenendo“. Stando a questa versione, dunque, si sarebbe trattato solo di “scarti” che però, ricostruisce Adnkronos, per gli stessi consulenti della pm Letizia Ruggeri – il professor Giorgio Casari e il colonnello del Ris, Giampietro Lago – “erano assolutamente idonei a effettuare una comparazione alla presenza, per la prima volta, dei consulenti della difesa” e quindi in contraddittorio (cosa mai accaduta nei tre gradi di giudizio a carico di Massimo Bossetti). Su questo punto, alle domande dei colleghi veneziani sulla ulteriore eventuale capacità probatoria dei campioni del caso Yara Gambirasio dopo l’individuazione dell’allora imputato, la pm avrebbe risposto così: “Qualcosa magari si tira fuori, ma non con questa certezza in questi termini con cui mi viene prospettato adesso, nel modo più assoluto. Io so che era un materiale assolutamente… cioè i rimasugli assolutamente scadente, inidoneo per qualsiasi altra comparazione e ripetizione di esame“. Secondo il punto di vista della pm, un Dna “così bello e limpido“, “inequivocabile” al punto da diventare “prova regina” nelle mani dell’accusa contro Bossetti, non potrà più saltare fuori da una nuova perizia su quegli stessi reperti biologici.