Omicidio Yara Gambirasio, i legali di Massimo Bossetti attaccano: “violazione del diritto alla difesa”

È un caso dallo strascico infinito quello di Massimo Bossetti, all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio della 13enne Yara Gambirasio e da sempre professatosi innocente. Una posizione portata avanti nonostante una traccia, classificata in sede di indagine come “31G20” e isolata sugli slip della ragazzina uccisa e trovata senza vita in un campo a Chignolo d’Isola (Bergamo) nel 2011, lo abbia inchiodato al profilo dell’assassino. È la traccia di “Ignoto 1“, l’anonimo a cui gli inquirenti avrebbero dato un volto, quello del muratore di Mapello Massimo Bossetti, dopo mesi di prelievi ed esami su migliaia di campioni biologici prelevati ad altrettante persone per scoprire l’identità del killer. La difesa non si arrende a quella che, secondo la Procura di Bergamo, sarebbe stata una evidenza inoppugnabile della sua colpevolezza, e continua a percorrere la via in ottica revisione di processo.



L’ultima mossa del team che assiste Massimo Bossetti, riporta Adnkronos, è quella di presentare opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Venezia (competente per le inchieste sui magistrati bergamaschi) in merito al presunto depistaggio sul Dna denunciato dal detenuto. Sotto la lente del pool che segue il muratore di Mapello, anzitutto la conservazione dei reperti – tra cui la “prova regina” che lo avrebbe incastrato – ai quali non ha mai avuto accesso perché gli è stato sempre negato. Una “violazione del diritto alla difesa”, sostengono da anni gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, che ha portato l’assistito alla detenzione a vita senza possibilità di ripetere gli accertamenti sul materiale genetico all’epoca svolti senza contraddittorio in quanto “Ignoto 1” era, appunto, sconosciuto e non si poterono coinvolgere negli esami i consulenti dell’indagato.



Yara Gambirasio, Massimo Bossetti si oppone all’archiviazione sulla conservazione dei reperti

Nell’aprile scorso, la Procura di Venezia ha chiesto di archiviare l’ipotesi di frode processuale e depistaggio scaturita dalla denuncia di Massimo Bossetti in merito alla conservazione dei reperti di Dna, 54 campioni a cui la difesa ha chiesto l’accesso, sempre negato, e che ora sarebbero andati distrutti. Gli avvocati del detenuto, all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, si oppongono alla richiesta di archiviazione e la discussione avverrà il prossimo 16 novembre, riporta Il Corriere della Sera, presso il Tribunale del capoluogo veneto. Da sempre Bossetti chiede l’accesso alla “prova regina” che lo avrebbe incastrato per l’omicidio di Yara Gambirasio: il Dna trovato sugli indumenti della piccola che, secondo gli inquirenti, avrebbe fotografato in modo inequivocabile l’identità dell’assassino. Un accesso che gli è stato negato e che non smette di alimentare gli interrogativi in seno alla difesa che, riporta ancora Adnkronos, punterebbe il dito contro chi indagò e in particolare contro il pm Letizia Ruggeri.



Secondo la difesa, il pubblico ministero potrebbe avere responsabilità negli eventi che avrebbero prodotto una interruzione della catena del freddo – i campioni dovevano essere conservati a 80 gradi sottozero – che, durante lo spostamento dei reperti dell’omicidio di Yara Gambirasio, potrebbe averne causato il deterioramento vanificando eventuali nuove analisi. Per la Procura di Venezia, che ha chiesto di archiviare la posizione della funzionaria responsabile dell’ufficio Corpi di reato e del presidente della prima sezione penale del Tribunale di Bergamo accusati di frode in processo e depistaggio a seguito della denuncia del detenuto, “non c’è alcuna prova di un piano orchestrato allo scopo di depistare eventuali nuove indagini difensive“. Ma secondo Massimo Bossetti e i suoi legali vi sarebbero elementi per procedere e, forse, per rianalizzare i campioni del delitto di Yara Gambirasio.