La variante Omicron può rappresentare l’inizio della fine della pandemia Covid. Lo suggeriscono gli scienziati, ma potrebbe essere così anche dal punto di vista sociale. Ne è convinto infatti Yascha Mounk, politologo autore del bestseller “Popolo vs Democrazia” sulla rivista The Atlantic, secondo cui «stiamo per sperimentare la fine della pandemia come fenomeno sociale». Ne ha parlato in un’intervista al Corriere della Sera evidenziando, infatti, che qualcosa è cambiato nel nostro approccio al virus. Ad esempio, i vaccinati non sono disposti più ad accettare il lockdown come in passato, i non vaccinati continuano ad opporsi, quindi politicamente si propende per misure di «adattamento» anziché puntare ad «appiattire» la curva.
Ci sono due modi, però, in cui potrebbe finire la pandemia quest’anno per Yascha Mounk. «Il primo è biologico: scoprire che Omicron non fa ammalare in modo grave la netta maggioranza delle persone e che l’esposizione a questa variante, se vaccinati, protegge da ceppi futuri; così l’oggettiva minaccia del Covid cesserebbe di essere significativa». Ma questa per ora è una congettura. Il secondo modo in cui la pandemia Covid potrebbe finire è sociale. «Consiste nel dire che ci siamo abituati al fatto che la nostra vita implicherà più rischi nel 2022 rispetto al 2019, ma collettivamente e individualmente scegliamo che vivere in modo più normale valga la pena di correre quei rischi».
“VITA SOCIALE ORA HA PRECEDENZA SU PAURA CONTAGI”
L’atteggiamento per il politologo è cambiato a prescindere dalla gravità della variante Omicron. «Anche se Omicron dovesse essere più pericolosa di quanto speriamo e anche se varianti future dovessero essere più gravi, sceglieremo di tornare ad una nuova normalità e non al lockdown». A tal proposito, ha ricordato che in passato si viveva in contesti in cui i rischi erano superiori a quelli attuali. «Quel che eroicamente abbiamo scelto nella primavera 2020 sarà sempre l’eccezione nella Storia». Dunque, quel che sta accadendo è che «stiamo cominciando a rientrare in una sorta di normalità in cui il bisogno di vita sociale ha la precedenza sulla paura del contagio». Nell’intervista al Corriere della Sera Yascha Mounk ha spiegato che questa “temerarietà” non è legata solo ai vaccini. In primis, anche nel marzo 2020 le restrizioni erano considerate temporanee. Ora «i rischi oggettivi del virus sono significativamente più bassi ora rispetto al marzo 2020». Non è trascurabile la stanchezza: «Ci siamo preoccupati così a lungo, non ne possiamo più».
La reazione alla variante Omicron è diversa rispetto all’inizio della pandemia. Quindi, i governi applicano solo alcune misure, le persone sono più attente, «ma non sono disposte a stravolgere le loro vite come nella primavera del 2020». Riguardo la differenza nella gestione della pandemia tra Occidente e Cina, Yascha Mounk ha fatto notare che «a lungo la Cina ha avuto più successo nel contenimento del virus rispetto alle democrazie occidentali, ma come risultato hanno una popolazione più “vergine” da un punto di vista immunologico, non essendo mai stata a contatto con il virus; così il pericolo con Omicron è molto più alto». Dunque, c’è un paradosso: «Il nostro relativo fallimento nel controllare il virus ci mette in una posizione migliore per affrontare nuove varanti, mentre in Cina il relativo successo iniziale rende più difficile tornare a qualcosa che somigli alla normalità». Infine, il giudizio sull’Italia: «L’Italia è diventato un Paese di persone che seguono le regole, contrariamente alla sua reputazione».