Dopo aver denunciato Alberto Genovese di stupro, le due ragazze intervistate da Non è l’Arena coperte dall’anonimato decidono di rinunciarci. Ylenia Demeo e Martina Facchini ora ci mettono la faccia anche per difendersi da chi le descrive come escort a caccia di notorietà e soldi. La prima, modella barese di 20 anni, è stata fidanzata con il re delle startup, l’altra, studentessa milanese di 22 anni. Entrambe hanno parlato a Mow Mag, ribadendo che non ricordano nulla e di essersi rese conto di essere state drogate e stuprate solo dopo l’arresto dell’imprenditore per lo stupro ai danni di una 18enne filmato dalle telecamere di sorveglianza di “Terrazza sentimento”. «Ho iniziato a realizzare che anche a me era successa la stessa cosa perché, dopo aver frequentato Genovese, mi ero svegliata con dei buchi temporali e dei dolori atroci addosso», racconta Martina.
Alberto Genovese non era un mostro, ma lo diventava secondo Ylenia: «Di base era bravissimo, buffo, intelligente, ti prendeva con la testa. Stavo a casa sua, ci dormivo, ci pranzavo e cenavo. Si trasformava quando non dormiva per due, tre giorni, strafatto di cocaina, si incupiva e delirava». Martina precisa di non essere mai stata consenziente: «Io mi sono resa conto, ma solo dopo, di essere stata violentata due volte. La prima a fine maggio, a Milano, la seconda a Ibiza».
“ALBERTO GENOVESE? DIVENTAVA UN MOSTRO”
Molti forse sapevano che Alberto Genovese potesse diventare un mostro. Un ragazzo dell’entourage dell’imprenditore avrebbe detto a Martina Facchini: «Prima o poi ci scapperà il morto». Ylenia Demeo a Mow Mag aggiunge: «Tutti sapevano quello che accadeva, ma tutti lo temevano perché era potente e offriva tutto e tutti». Martina racconta anche degli effetti che la droga aveva su Alberto Genovese: «Una sera che eravamo ad Ibiza siamo rimasti noi due a chiacchierare sul divano, continuava a dire: “Sono una bestia, sono una bestia”. Dopo giorni e giorni che si drogava cambiava, lo vedevi dallo sguardo, e aveva le allucinazioni». Del tipo che era convinto di capire cosa pensasse Ylenia tramite il suo respiro. «Era paranoico, ingigantiva tutto, sentiva rumori strani, passi che si avvicinavano o voci che gli dicevano che era una persona cattiva. Poi si fermava e aggiungeva: “Sì, io sono una bestia”». A fronte di questi episodi, non si spiega come sia possibile che queste due ragazze abbiano continuato a frequentarlo. Secondo Ylenia perché non era consapevole fino in fondo di quello che stava accadendo. Però ricorda una violenza subita ad ottobre: «Ho solo dei flash, ma sono flash più lunghi: ricordo il dolore che provavo e adesso che ne riparlo è come se lo risentissi. Piangevo e gridavo e lui rideva, a lui piaceva sentirmi piangere…».
YLENIA DEMEO E MARTINA FACCHINI “ABBIAMO CROLLI NERVOSI”
Da queste storie emerge la grande confusione nei ricordi delle due ragazze, dovuta alla droga che Alberto Genovese faceva assumere loro. Qualcuno le ha accusate di prender soldi dall’imprenditore, ma Ylenia Demeo e Martina Facchini smentiscono. «All’inizio io non sapevo nemmeno chi fosse Alberto, che lavoro facesse, si vedeva che era agiato ma non mi interessava quello, mi interessava la leggerezza, il frequentare gente divertente, più grande», dice Ylenia a Mow Mag. Poi prosegue: «Sentirci dare delle escort è assurdo, noi siamo lontanissime da quel mondo». Martina aggiunge: «Io non ho mai percepito un centesimo da lui, zero, Genovese a me non ha dato mai niente». Ora non riescono neppure a dormire. «Io ho dei crolli nervosi, mi sono resa conto che il male esiste. Ora non riesco a fidarmi di nessuno fino in fondo, nemmeno di Ylenia per esempio. E questa cosa mi fa impazzire. Quindi sì, vorrei andare in terapia», dice Martina. Anche Ylenia vorrebbe seguire un percorso terapeutico: «La notte è un inferno, non riesco a dormire. Chiudo gli occhi e ho la faccia di Alberto impressa davanti a me, a volte mi vengono dei flashback. E quando mi addormento faccio sogni confusi, rivivo momenti delle feste in cui stavo esagerando. Ma, è incredibile, spesso provo anche molto dispiacere per lui, ne soffro».