Vengono dal Benin e dal Mali, dal Pakistan, dal Senegal e dal Maghreb. Hanno tra i 17 e i 19 anni, il bagaglio pesante di chi ne ha già viste tante e la luce negli occhi di chi ancora crede di avere una chance di realizzare il proprio sogno. E di farlo grazie al cibo. Sono i primi 30 giovani che partecipano al percorso di inclusione sociale, lavorativa e abitativa previsto dal progetto “Youth & Food – Il cibo veicolo di inclusione”, selezionato dall’associazione Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, e messo a punto da Slow Food. L’iniziativa, che avrà durata triennale e coinvolgerà in tutto 60 minori stranieri non accompagnati nelle città di Agrigento e Torino, si compone di due moduli: il primo riguarda la formazione e implica l’erogazione di corsi di italiano, l’apprendimento di nozioni sui diritti dei lavoratori e lo studio di materie che spaziano dall’apicoltura alla cucina internazionale; il secondo prevede invece un periodo di stage e il raggiungimento di obiettivi quali la creazione di start up in ambito agricolo e gastronomico e l’indipendenza abitativa. 



Grazie a questo combinato disposto si punta ad assicurare l’inserimento lavorativo dei ragazzi, ma non solo. “Si tratta di giovanissimi a cui manca l’affetto dei familiari – sottolinea Abderrahmane Amajou, coordinatore della Rete Migranti di Slow Food e referente di Youth & Food -. Ci auguriamo quindi che, proprio grazie alle relazioni che i ragazzi stabiliranno, possano trovare una nuova famiglia sociale che li accolga e li faccia sentire parte di una comunità”.



Più nel dettaglio, a Torino è stata avviata una scuola per mediatori gastronomici che accoglie al momento 16 studenti. “A ogni ragazzo abbiamo chiesto una ricetta del cuore. A partire da questa abbiamo lavorato sull’Italiano, per insegnare come si scrive una ricetta, quali verbi usare, quali sono le unità di misura… Abbiamo quindi coinvolto un cuoco di ciascun Paese di provenienza dei ragazzi che ha preparato i piatti indicati dai giovani e ha insegnato loro a replicarli – racconta Stefano Di Polito che con la Cooperativa Meeting Service, che ha seguito le fasi di avvio del progetto nelle cucine attrezzate per la formazione professionale delle Fonderie Ozanam di Torino -. E ora stiamo pensando a eventi gastronomici e servizi innovativi, in cui i protagonisti sono gli stessi ragazzi, così da garantire la sostenibilità economica delle attività”. 



Ad Agrigento invece, dove a ora sono ospitati 15 giovani, il focus sono le api. “Partiremo a maggio con il corso di cucina – racconta Carmelo Roccaro della cooperativa Al Kharub che segue Youth & Food nella città siciliana -, poi attiveremo due moduli di apicoltura, per imparare a gestire le api e fare il miele, ma anche per costruire i telaini e riparare le arnie. Quindi lavoreremo anche su un’altra competenza molto richiesta in agricoltura, quella della potatura e dell’innesto”. 

E non è tutto. “Nel nostro percorso – continua Roccaro – cercheremo di trasmettere alcune nozioni di diritto dei lavoratori affinché i ragazzi possano riconoscere e tenersi alla larga dai pericoli dello sfruttamento e del caporalato e vivere sempre liberamente il proprio lavoro e la propria vita”. 

Con questo progetto “vogliamo garantire – conclude Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia – un cibo buono, pulito e giusto per tutti, dove il nostro “per tutti” comprende anche i più fragili, come i cittadini migranti e i minori in particolare. Sono gli ultimi: vittime della bugia della crescita infinita, che nutre ingiustizia sociale, iniquità ed esclusione. Attraverso questo progetto vogliamo delineare una narrazione di aggregazione, riscatto, dignità, a partire da un soggetto potente: il cibo”.

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