Yuri Gagarin, il primo uomo a volare nello Spazio nel 1961, vittima della cancel culture: una conferenza in suo onore cambia nome perché è russo. L’astronauta, come Fedor Dostoevskij, è stato “punito” semplicemente per la sua nazionalità, poco importa che i due non abbiano alcuna colpa per ciò che sta accadendo in queste ore.
Gli organizzatori dello Space Symposium, una delle manifestazioni più importanti al mondo dedicata al settore aerospaziale, come riportato dal Corriere della Sera, hanno infatti deciso di rinominare la “Yuri’s night”, una serata speciale che si tiene nel corso dell’evento a Colorado Springs, “alla luce degli eventi attuali”. Essa verrà chiamata “Celebration of Space: Discover What’s Next”. Ad essere elogiato non sarà più dunque il sovietico Yuri Gagarin, bensì l’americano Alan Shepard, che in quello stesso anno dopo di lui sbarcò nello Spazio. “L’obiettivo di questo evento di raccolta fondi rimane lo stesso: celebrare i risultati umani nello Spazio ispirando la prossima generazione a raggiungere le stelle”, precisa il comunicato. La censura, però, è stata comunque messa in atto.
Yuri Gagarin è russo: conferenza in suo onore cambia nome. Non è il primo caso
Non è comunque l’unica occasione in cui Yuri Gagarin è vittima della cancel culture: l’astronauta russo (o meglio sovietico), la cui conferenza aerospaziale ha subito un cambio di nome, è stato oggetto anche di altri gesti di questo tipo. Una sua statua, in Lussemburgo, è stata coperta “per evitare tensioni in questo momento storico, ma anche vandalismi”. Inutili le proteste della comunità, che ha sottolineato come il diretto interessato sia “morto 54 anni fa e nulla può centrare con questo conflitto”.
Il primo uomo a volare nello Spazio, da parte sua, non avrebbe certamente mai potuto immaginare che si sarebbe ritrovato al centro di un fenomeno di questo genere. “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”, disse dopo avere raggiunto quel prezioso traguardo. Il mondo ideale che in quel momento immaginò, tuttavia, sembra essere destinato a rimanere un sogno ancora per molto tempo.