Il nuovo Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte ha acceso il dibattito politico ma non solo. Diversi settori si sono scagliati contro il Governo, ristoranti e cinema-teatri in particolare, ma anche diversi governatori hanno criticato aspramente le misure introdotte. Tra questi troviamo anche Luca Zaia, che oggi in conferenza stampa non ha usato mezzi termini per giudicare l’operato dell’esecutivo giallorosso. Dopo aver presentato il bollettino del Veneto – +1.129 casi positivi e +3 morti nelle ultime 24 ore – il presidente leghista ha affermato che «da noi l’emergenza sanitaria non c’è, non in Veneto, ma se gli ospedali vengono intasati dai pazienti Covid poi non possiamo più curare gli altri pazienti ed il sistema sanitario va in tilt». Zaia ha spiegato che a suo avviso «credere di bloccare la circolazione del coronavirus con un interruttore on-off è un’illusione», considerando che «il lockdown funziona bene solo nei Paesi dove non c’è la democrazia, dove non si esce proprio».
ZAIA VS DPCM: “POLITICO E UN PO’ FONDAMENTALISTA”
Luca Zaia ha spiegato che nel corso del confronto tra Governo e Regioni è stata posta la questione degli assembramenti nelle aree pubbliche, piazze e zone di passeggio, insistendo sull’obbligo di mascherine e dispositivi di protezione. Senza diminuire il dossier scuola, per diminuire la pressione demografica, e la questione dei tamponi dai medici di base. Duro il giudizio di Zaia sulle limitazioni poste dal Governo sulle attività produttive: «A me non risulta che in ristoranti e palestre ci siano stati grandi focolai e diffusioni del virus, oggi questi imprenditori sono trattati come untori e io faccio un appello al Governo perché riveda questo provvedimento». «Il nostro problema, dai dati che abbiamo, non sono i ristoranti o le palestre ma gli assembramenti», ha aggiunto il presidente del Veneto, che ha poi rincarato la dose: «Le mie posizioni non si basano su opinioni politiche ma su dati oggettivi: in 20 pagine di Dpcm c’è già una contraddizione, perché il ristorante crea complicazione eil museo no? Questa è una scelta politica, sia chiaro che non sono contro i musei. Se la scelta fosse epidemiologica, questo non ci sarebbe. Questi hanno fatto i radicali nell’applicare tutte le indicazioni del comitato tecnico scientifico, è un approccio, passatemi il termine, un po’ fondamentalista».