Rula Jebreal, giornalista palestinese naturalizzata italiana, ricorda la madre Zakia Jebreal a Verissimo. “Lei fu stuprata da un uomo e da un sistema che la costrinse al silenzio”, racconta. “Nelle zone di guerra il corpo di una donna diventa campo di battaglia. Ma anche nelle zone di pace ci sono donne che subiscono abusi. I dati dicono che una donna su tre viene abusata”, spiega amareggiata Rula. “Questa è un’ingiustizia su cui bisogna fare qualcosa. La storia di mia madre mi ha lasciato il desiderio di combattere per le ingiustizie come le sue. Mi ha lasciato il desiderio di combattere per donne come lei, di dare voce a donne come lei, creare una cooperazione tra donne”, continua la Jebreal. “Ora penso alle donne in Ucraina, che partoriscono sotto le bombe. Dalle donne italiane ho imparato il coraggio e l’amore per la famiglia”, conclude la giornalista. (Agg.Jacopo D’Antuono)

Zakia “Nadia” Jebreal, morta suicida dopo non esser stata creduta

Rula Jebreal è una giornalista palestinese naturalizzata italiana chiamata ospite di Silvia Toffanin a “Verissimo“. Tra i diversi temi affrontati anche quella sulla violenza contro le donne, durante il quale ha parlato anche della esperienza personale di sua madre Zakia Jebreal. La donna, palestinese, aveva subito gravi abusi durante l’infanzia e si suicidò dandosi fuoco quando Rula aveva 5 anni. Circa un paio d’anni fa la scrittrice diede la notizia a Vanity Fair: “Mia mamma si è tolta la vita dopo un’infanzia di violenze tra i 13 e i 18 anni. Fu vittima di abusi sessuali ma non disse nulla per salvare l’onore della famiglia“. Era il 2020 e poco prima del Festival di Sanremo, dove fu co-conduttrice della prima serata con Amadeus dichiarò: “Dirò cose che non ho mai detto nemmeno a me stessa finché non ho compiuto 40 anni e sono felice di dirle e condividerle con tutti voi”.

Lo straziante racconto di Rula Jebreal a Sanremo 2020 sulla madre Zakia “Nadia”

Rula Jebreal sul palco del Festival di Sanremo raccontò la tragica morte della madre: “Zakia, che tutti chiamavano Nadia, ha preso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni. Si è suicidata, dandosi fuoco. Ma il dolore era una fiamma lenta che aveva cominciato a salire e ad annerirle i vestiti quando era solo un’adolescente. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato la sua tortura. Perché mia madre Nadia fu stuprata e brutalizzata due volte: a 13 anni da un uomo e poi dal sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare. Le ferite sanguinano di più quando non si è creduti. L’uomo che l’ha violentata per anni, il cui ricordo incancellabile era con lei, mentre le fiamme mangiavano il suo corpo, aveva le chiavi di casa“.