Servono istituzioni di pace per creare una pace duratura. Ne è convinto Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna, secondo cui quelle uscite dopo la Seconda guerra mondiale sono obsolete. «Andrebbero riscritti gli statuti, perché non facilitano negoziati», dichiara al Fatto Quotidiano. Non cita l’Onu, ma precisa: «È l’istituzione in sé che non funziona». Il professore, che ha firmato l’appello per la pace e indicato le condizioni per il negoziato in sette punti, «ci vuole una nuova Yalta», visto che «l’ordine mondiale è cambiato ed è chiaro che il patto del ’45 tra Churchill, Roosevelt e Stalin che allora garantì la pace è crollato». Ad un anno dall’invasione dell’Ucraina, la situazione è peggiorata per Zamagni. «Questa guerra è atipica, ibrida e soprattutto combattuta per conto di altri per la prima volta nella modernità. I due contendenti sono Usa e Cina e l’oggetto del contendere è il nuovo assetto geopolitico». Il professore fa un esempio chiaro della situazione: «Se Xi Jinping e Joe Biden dicessero a Putin e Zelensky rispettivamente di fermarsi si arriverebbe alla pace».



Dunque, ci sono le chiavi per la pace, ma nessuno le usa. Il motivo per Zamagni è economico. «Ci si spartisce l’accesso ai mercati. Poi si è trovata una ragione: sono anni che ci sono screzi tra Russia e Ucraina, ma non sarebbero stati sufficienti a innescare un conflitto di queste proporzioni». Dietro il conflitto, dunque, ci sono Usa e Cina, che «hanno fomentato non la terza guerra mondiale, ma la prima guerra globale». In questo caso, infatti, sono coinvolti anche Paesi non belligeranti. «Pensi solo allo stop dell’export del grano, se non si fosse sbloccato gli africani sarebbero morti di fame. E poi questa è una guerra di logoramento perché è interesse della Cina e degli Usa la ricostruzione».



ZAMAGNI “MINACCIA NUCLEARE? NON REALE”

Per Stefano Zamagni questo è anche il motivo per il quale l’Occidente continua a mandare armi all’Ucraina. «In questo contesto occorre insistere su un negoziato tra le due superpotenze senza ulteriori spargimenti di sangue», dichiara al Fatto Quotidiano. Invece, la minaccia nucleare non è reale per il professore. «La Cina ha imposto alla Russia di non usare armi atomiche e Mosca non lo fa per due ragioni: se usa la bomba tattica ci rimettono anche i russi. Se invece utilizzasse quella strategica a lungo raggio, la reazione della Nato e della Cina sarebbe immediata. La minaccia serve a Putin per spaventarci». Nell’intervista si parla anche delle possibili soluzioni, che sono due per Zamagni: «La de-globalizzazione, ma non sono d’accordo perché porterebbe alla morte per fame di almeno 1 miliardo e mezzo di persone, o si riscrivono le regole economiche degli ultimi 35 anni, quelle che hanno portato all’aumento spaventoso delle diseguaglianze, che poi è il fattore scatenante delle guerre». Infine, sull’intervento di Zelensky al Festival di Sanremo 2023 con un video messaggio: «Secondo me non è opportuno: ma non credo alle tesi complottiste. Penso sia solo una caduta di stile della Rai che non ha pensato alle conseguenze indirette di questo gesto che non favorisce certo né i negoziati, né la pace».

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