Alex Zanardi è tornato a casa e sui media tutti hanno/abbiamo celebrato l’evento. Con autentica soddisfazione, con grande speranza. “Sta bene e combatte” ha titolato il Corriere della Sera e nella pagina successiva un lungo racconto di Carlo Verdelli si conclude così: “La buona nuova è anche una specie di potentissima iniezione di fiducia. Disponibile per tutti, gratis. E dio (minuscolo, ndr) solo sa quanto ne abbiamo bisogno. Grazie anche di questo campione”.
Sottoscrivo e rilancio: ma tutto questo cosa c’entra con le stelle? Cosa c’entra questo entusiasmo per l’uomo che cerca di vivere tre volte con il nostro essere, cioè con la concretezza della nostra vita?
La sua voglia di vivere, purtroppo, al contrario di quello che si augura Verdelli, non è, in definitiva, qualcosa che ci tocca, che ci interroga, che ci cambia, ma uno spettacolo, qualcosa da guardare. Una posizione tra tante. La sua “resilienza” è uno spettacolo che non mette in discussione, in profondità, quello che pensiamo della vita. È significativo, in questo senso, che La Stampa, pubblichi nella stessa pagina la cronaca del ritorno di Alex a casa e la lettera di Mario che chiede il suicidio assistito. Non voglio entrare nella storia di quest’uomo, una storia di sofferenza di cui non conosco i particolari ma che, per le parole che usa, deve essere tremenda, solo segnalare l’accostamento. Da una parte esaltiamo un essere umano e la sua famiglia che lottano, che credono nella vita; dall’altra riportiamo il grido disperato di chi la vita la vuole chiudere.
Ma che “potentissima iniezione di fiducia” ci dà allora Alex Zanardi, che potentissima iniezione di fiducia dà a Mario? Nessuna, questa è l’amara verità.
Noi siamo felici per Zanardi, un campione che si è inventato una seconda vita più incredibile della prima e che ora si batte per la terza, ma non siamo capaci di prendere il suo esempio concretamente, come qualcosa che ci aiuta nella concretezza del nostro essere. In fondo, la nostra è una commozione fine a se stessa, una commozione da film natalizio che, passata la festa, non tornerà per un altro anno.
Non crediamo realmente, non ci accorgiamo del messaggio più importante che ci invia Alex Zanardi: non esiste una vita dove fai delle cose e se queste cose non le puoi più fare allora non è più vita. Esiste la vita. Questo ci raccontano le sfide di Alex Zanardi, che la vita è un valore, anche nella sofferenza, anche se non puoi più sciare, correre in moto, immergerti negli abissi del mare.
Forse Mario, nelle sue condizioni, potrebbe non capirlo, negherebbe tutto questo. Lo comprendo e non lo contesto. Quello che non comprendo siamo noi. Noi dovremmo lottare al suo posto, dovremmo batterci per convincerlo che per noi è importante, sempre e comunque. Batterci fino all’ultimo istante per dirgli: tu sei, tu vali. Al di là della legge e delle vere e false libertà.
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